Reed, Lou – The Blue Mask

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Nonostante sia stato alcune volte rivalutato dalla critica, The Blue Mask fa parte della produzione meno conosciuta di Lou Reed, sicuramente è un album mai considerato abbastanza per quello che realmente vale. Una piccola perla uscita nel 1982, due anni dopo un disco francamente orrendo come Growing Up in Public (1980), e prima di un trittico sicuramente prescindibile formato da Legedary Hearts (1983), New Sensaations (1984) e Mistral (1986); tre album musicalmente molto deboli, se non addirittura irritanti (specialmente quello dell’83). Emblematici di un artista in piena crisi creativo-musicale. La prima metà degli anni ’80 non verrà certo ricordata, da un punto di vista musicale, come uno dei periodi migliori per il buon Lou. Ma, come si dice, la classe non è acqua, ed anche in un periodo buio e scevro di soddisfazioni come quello, puo’ venire fuori la “zampata” del fuoriclasse: The Blue Mask è un disco molto valido, anzi, un grande disco! Suonato alla grande e impeccabile dal punto di vista delle liriche: inferiore a Grandi Capolavori come Berlin o New York, ma và messo subito a ruota, insieme a titoli come Coney Island Baby, Magic and Loss, Street Hassle o il sopravvalutato Transformer. E’ un disco musicalmente raffinato e piuttosto completo, dove alcune splendide, indolenti ballate al vetriolo si alternano a pezzi più violenti e tirati. La strumentazione è scarna, essenziale. Molto bello il suono delle chitarre (R. Quine, oltre a Lou Reed), al basso c’è F. Saunders, alla batteria D. Perry.
Le iniziali My House e Woman sono due splendide ballate, insolitamente liriche, scarne e rilassate, suonate in punta di dita con quella chitarra che non ti lascia mai. Underneath the Bottle è tra le cose meno riuscite dell’album: un pezzo rock come tanti, cantato con poca convinzione. The Gun è bellissima, altra ballata all’acido muriatico, la solita chitarra scheletrica accompagna la voce recitante di Lou, tetra come non mai. The Blue Mask è una cavalcata elettrica violenta e abrasiva, con un grande crescendo nel finale: una delle grandi canzoni di Lou Reed, di sempre. Average Guy passa senza lasciare il segno, pura routine. Con Heroine torna il Lou che vorremmo sempre sentire, solita grande chitarra, voce perfetta, una ballata scarna e tagliente come una lama. Wawes of Fear è un altro bel brano; un rock tirato, chitarre roventi, ritmica martellante. The Day John Kennedy Died credo meriti un cenno a parte: credo sia, in assoluto, tra le canzoni più belle mai scritte da Lou. Una ballata perfetta, di grande impatto emotivo, commuovente nella sua semplicità, grande testo, cantata in modo impeccabile. Heavenly Arms chiude il disco: un clone poco riuscito di Satellite of Love, passa senza lasciare traccia.
In conclusione cosa dire: The Blue Mask è un disco da riscoprire. Non è perfetto, vive di alti e bassi. Ma ha il pregio di contenere almeno cinque/sei grandissime canzoni, compresa quella dedicata a John Kennedy che è realmente indimenticabile. Ipnotico.