Fase conclusiva per il tour di Bugo che, dopo aver portato contemporaneamente sul palco Golia e Melchiorre, decide di differenziare le ultime date dei sui concerti, concentrandosi ora sull’elettrico ora sull’acustico. Vista la capienza e la struttura del Circolo era ovvio aspettarsi un Bugo in piena forma electro-rock, con tanto di grafica anni 80. Colori accesi e forme pixelate sulla tela del proiettore si sposano con l’animo lo-fi dato dalle banane attaccate come corna su tastiere e amplificatori. L’apertura viene affidata ai Masoko, quartetto ben conosciuto dai romani poiché attivo da circa 5 anni. La loro nervosa e nevrotica new wave, macchiata di un rock’n’roll sporco talvolta veloce come il punk riporta alla mente l’ultima scena inglese, quella di Bloc party e company. Ritmi serrati, e una piccola tastiera rumorista primeggia con una telecaster che si appoggia solamente a un digital delay, basso portante e batteria diretta e tagliente incorniciano un live trascinante e coinvolgente che fa subito presa sul pubblico con canzoni orecchiabili dai testi non-sense. E non sono pochi quelli che alla fine del live cercano ancora di avere un Superattico, magari per invitarci Alfonso. Rapido cambio di palco e incominciano ad arrivare in scena gli strambi strumentisti di Bugo: il bassista ha una tuta da metalmeccanico, il batterista sembra uno skater, il chitarrista, con la sua testa rasata e la camicia dalla fantasia cowboy è un personaggio, ma ancor più personaggio è lui , Christian Bugatti, che prende posto al centro dello stage orgoglioso e fiero del suo smoking rosa shock, muovendosi goffamente inciampando in quella lunga coda. La scaletta propone come apertura Halleluia, ma basta un gioco di note con la chitarra, un rapido sguardo complice e il Posacenere è già nell’aria, inizia così un live caotico e travolgente, in cui il pubblico sarà ora coro da canzone ora coro da stadio. Bugo è in forma: è sempre lui, ma anche di più. Ora Rocky Roberts in rock’n’roll tirati, ora Beck quando c’è da lanciarsi in rumori gratuiti, ora si muove roboticamente come un Daft Punk ora diventa il Rino Gaetano dei nostri giorni imbracciando l’acustica. Matto e scatenato, intento a far volteggiare le chitarre attorno a se o a crearsi un metro quadrato sul palco per fare una capriola, show man dall’imprevedibile comicità e cantore della vita di tutti i giorni con quella tagliente e dissacrante ironia. Parla col pubblico, carica la band, scherza come sempre tra un brano e l’altro alternando prevalentemente i pezzi degli ultimi due lavori. Carla è Franca viene accolta come se fosse Casalingo, La mia fiamma coinvolge tutto nella “conta”, Il cuore nel culo permette alla band di sfogarsi in una jam che passa dall’indie rock, al rap, a uno strumentale acido ed indefinito che si protrae per 10 minuti buoni. Il pubblico si scatena e –come diciamo qua a Roma- “sgrava” anche un po’. Assieme al bugo è cresciuta anche
la fama dei suoi live esplosivi, e quindi è diventato impossibile tenere i presenti a bada; e questo da un lato fa sorridere dall’altro disturba un po’ il normale svolgimento dell’esibizione. Se da un lato infatti c’è da fare i complimenti al fenomeno che ad ogni canzone scherzosamente proclamava “Bugo come Beck!!!”, al pezzo col piano “Bugo come Bach!!!”, e al pezzo acustico “Bugo come Battisti!!!” e così via, dall’altro si resta un po’ sconcertati quando certa gente fa casino per il puro gusto di farlo, strillando inutili “Vaffanculo” solo per il gusto di strillarli, di essere quello che fa più casino di tutti. A tratti il rischio che il concerto si trasformi in uno show di Richard Benson è dietro l’angolo… E forse per questo, o forse perché sotto quell’ingombrante palandrano color mortadella si suderà come una bestia, Bugo si libera di inutili costumi rimanendo in semplice maglietta. Look indie chiama quindi musica indie! E il finale con Mi rompo i Ciglioni, Casalingo e Il Sintetizzatore è un’apoteosi: la band sembra viaggiare ancora meglio, infila uno dietro l’altro i pezzi senza dar al pubblico la possibilità di parlare, travolgendolo col sound e il groove. E nel finale del Sintetizzatore, mentre tutti accompagnano l’”oh-ohoh ohhhhhhhhh” del ritornello il Bugo stacca la tastiera Synth dal treppiedi e caricandosela sulle spalle strilla compiaciuto “sto suonandooooooo”, muovendosi goffamente sul palco, rischiando più volte di colpire il bassista o di rovinare sulla batteria. Ed è proprio così, libero dai costumi e dalla voglia di essere troppo appariscente o eccentrico sul palco Bugo e stupito con un finale crudo e ruvido, così come dovrebbe sempre essere, senza dare la possibilità al pubblico di riflettere, commentare o pensare ma schiaffeggiandolo con le sue canzoni e le sue jam. Bugo come Jon Spencer?
le foto presenti non si riferiscono a questo concerto