Kings of Convenience: .. piccoli, magici momenti..

Dopo la serata del 27 giugno nella splendida cornice del teatro romano degli scavi di Ostia Antica, nessuno avrà più dubbi nel considerare i Kings Of Convenience un allegro, simpatico ed emozionante duo. Certo, resta il fatto che un po’ tutti abbiano riso alle loro battute, ma in pochi forse hanno colto il sarcasmo nelle loro parole, sia durante la lamentela per i riflettori in pieno viso (“comunque avete pagato, l’importante è che voi vediate noi”), sia in quella degli aerei del vicino aeroporto nel soundcheck (“questo non è proprio silenzio”) che in quella dei problemi tecnici avuti al pianoforte nel pomeriggio (“acqua ed elettronica non sono una buona accoppiata, non vi resta che incrociare le dita”); ma, al di fuori di tutto questo, il concerto di Kings Of Convenience, col passare dei minuti, esibisce una forza sorprendente. Merito forse dell’affascinante cornice a disposizione: questa, infatti, rimane il maggior pregio degli organizzatori, riuscendo a scegliere una perfetta location che riesce con notevole perizia, grazie alla sua bellezza, a sopperire le eventuali mancanze del set dei due norvegesi.
Perché siamo sinceri, un concerto perfetto non lo è stato; e non si parla di problemi tecnici, cui fortunatamente il set è stato scevro, ma di una struttura fin troppo statica dei pezzi che faceva fatica ad emozionare. In poche parole la prima mezz’ora di set passa totalmente tutta uguale, sia nelle pose dei due, perennemente in piedi chiusi in sé stessi a suonare, sia nella musica che, durante i pezzi, sembra un pò tutta uguale .
Un difetto che hanno i Kings Of Convenience live è quello di non riuscire a tirare fuori subito la parte gioiosa dei loro pezzi, lasciandola soffocare da un mare di malinconia che, per quanto bella, non rende perfettamente l’atmosfera che i due vorrebbero trasmettere. Un’atmosfera che di colpo esplode, lasciando da parte ogni dichiarazione fatta fin d’ora. Galeotta fu una battuta del rosso norvegese, l’ennesima lamentela a volto sorridente verso le luci: ad un tratto queste si abbassano e si spengono totalmente. Il duo, per nulla spiazzato (probabilmente una pensata studiata precedentemente), dopo aver chiamato sul palco un violinista e un bassista acustico, suona totalmente al buio. L’emozione di vedere un’intera arena, gremita di centinaia d’accendini accesi è di una bellezza da far piangere, e la musica si fa perfetta cornice di un momento che ha del magico. Da quell’attimo in poi, la dimensione musicale del duo prende forma: non più musica, ma accompagnamento di momenti. Difficile descrivere la gioia di provare a seguire la musica accompagnandola con schiocchi di dita, come suggeriscono di fare i musicisti; ancora più difficile descrivere la gioia d’Erlend Øye di ballare durante i pezzi, in modo quasi ubriaco e certamente istrionico, che non fa altro che accaparrare la simpatia del pubblico e battiti costanti di mani e applausi.
Passano così molti pezzi dell’ultima loro fatica, Riot On Empty Street, in un coacervo di gioia, dove la musica non tenta più di mostrare la sua malinconia, ma fa esplodere la parte gioiosa tenuta sempre nascosta da un’esibizione fin troppo formale. Durante I'd Rather Dance With You, Erlend Øye fa aprire le transenne sotto al palco e invita la gente a ballare. Una gigantesca festa dove il pubblico segue, ognuno a suo modo, il “cantante ballerino”, delirando sotto il palco. Ma è nell’encore la vera sorpresa della serata: Erlend Øye invita la gente a salire direttamente sul palco. Un ragazzo sale e comincia a ballare (a proposito, sei veramente un grande). Di colpo, una massa di ragazzi di ogni tipo comincia a salire sul palco, sotto gli occhi sgranati della security, e si da il via ad una grande festa sotto il segno della musica dei Kings Of Convenience. Da lodare l’atteggiamento dei due che difendevano i ragazzi dalla security che tentava di far scendere i ragazzi: contrariati a far smettere la festa, continuano a suonare e ballare fino alla fine, fino a che l’ultima nota e l’ultimo lunghissimo applauso chiudono una serata cominciata anonima e finita nel migliore dei modi, in un modo che aveva del magico; e forse non c’era posto migliore delle rovine di Ostia Antica per un evento che già ha acquistato, a un paio di giorni di distanza, l’aria di “qualcosa d’importante”.

Ps. Da citare assolutamente la geniale frase dei due: “Roma, duemila anni fa ha conquistato l’intero mondo. Meno che la Norvegia!” .. come si fa a non farseli piacere..