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Datele un pianoforte e ve lo rivolterà come un calzino! Regina Spektor, nata a Mosca e cresciuta nel Bronx, onora egregiamente tutti gli anni di conservatorio frequentati e i primi tre album già pubblicati con Mary Ann Meets The Gravediggers & Other Short Stories. Inutile trovare mezzi termini, questa piccola e geniale cantautrice si infila con prepotenza nel panorama anti-folk, e con la sfrontatezza vocale che la contraddistingue prende le varie Tori Amos, Nora Jones, Ani di Franco, Cat Power e se le mette sotto il braccio. Questo album rappresenta straordinariamente bene la versatilità della sua potenza vocale, lasciandoci prevedere quanto si diverta, in ogni brano, a sfidare se stessa con insoliti esperimenti canori di pregiatissima classe. Un libro di fiabe. Questa è la sensazione che si percepisce anche sfogliando il booklet, ricco di immagini simil-model-sheet che un po’ riportano alle stesse linee grottesche riprese da Tim Burton . Racconti strampalati in cui intervengono bizzarri personaggi come re, marinai, dottori, becchini, donne di facili costumi e addirittura un Benjamin Franklin in sogno, il tutto narrato talvolta con intensità e trasporto tra scale e vibrati e talvolta in maniera quasi comica e insolente con l’impiego di gorgheggi, gemiti, scioglilingua e perfino starnuti. L’unico episodio noioso e pesante lo ritroverete sicuramente in “Lacrimosa”, che già dal titolo non promette nulla di buono e che purtroppo vi costringerà a saltare traccia per permettervi invece di godere dello spiritoso rappato di “Pavlov’s Daughter”. Di sicuro un album con cui la Spektor ci fa venir voglia di cantare o almeno di seguirla in playback visto che tra tecnica e perfezionismo assoluto sarà molto ma molto difficile riprodurre con la stessa violenza quei buffi falsetti o quei potenti e impertinenti acuti. Ah, se stai studiando canto, non ascoltarlo o ti verrà voglia di gettare la spugna!