Cult of Luna – Salvation

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Tutto comincia da una chitarra e un delay. Il crescendo della prima traccia, “Echoes”, è forse il punto più alto e emozionante di questo disco. La perizia strumentale e la cura di suoni e arrangiamenti è minuziosa, il connubio tra post-rock e post-core proposto dagli svedesi Cult of Luna è interessante e sviluppato con ottime idee. Non tutte, però. Intanto chiariamo, dato che post-core è un termine che ormai definisce tutto e nulla: le influenze più evidenti sono Isis e (alla lontana) qualche atmosfera dei Neurosis. Dal lato più post-rock siamo nei territori vicini a GY!BE & company, con abbondanti delay spaziali, tremoli eterei e tempi quasi mai sopra i 60bpm; non c’è quasi più traccia degli inserti elettronici usati in passato. I difetti principali di ‘Salvation’ non sono le rarefatte atmosfere e le potenti esplosioni di chitarre distorte-ma-entro-i-limiti-del-feedback; i difetti sono tutti nello sviluppo delle suddette esplosioni, nelle parti pesanti, nella voce troppo monocorde, nei riff sì granitici ma anche decisamente anonimi e reiterati con poche intuizioni interessanti. Panopticon insomma, almeno per le prime quattro tracce, è proprio su un altro pianeta. Non mancano comunque i momenti piacevoli, come la prima “Echoes”, “Leave Me Here”, “Waiting for You”, la conclusiva “Into the Beyond”; non che gli altri pezzi siano inascoltabili o irritanti, ma si mantengono in un’anonima sufficienza che contribuisce a lasciare un’impressione di spunti emozionali smorzati da una carenza di incisività. ‘Salvation’ è gradevole, prescindibile, a tratti molto bello, in alcuni momenti pesante ma nel senso peggiore del termine. Se avete già tutto di Isis, Explosions in the Sky e compagnia bella e lo vedete lì, solo soletto sullo scaffale del negozio con una bella etichetta “mid-price” beh, direi che potete pure comprarlo.