Spirit Caravan – The Last Embrace

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Obsessed, Saint Vitus, Spirit Caravan, Hidden Hand e Place of Skulls. Mi sarei potuto tranquillamente fermare al secondo di questi cinque nomi per rendervi la giusta idea di quale contributo Scott “Wino” Weinrich abbia apportato all’ evolversi della scena doom prima e di quella stoner in seguito. Il progetto Spirit Caravan, del tutto concluso, coinvolge anche Dave Sherman e Gary Isom, rispettivamente al basso e batteria e in modo del tutto comprensibile rispecchia, nel suo rimescolare piu’ influenze, un punto obbligato di passaggio nella carriera di un artista che improvvisamente si fa svolta; il doom che si dilata e aumenta i suoi retaggi Seventies; il doom che coglie le mille sfaccettature dell’hard rock Sabbathiano e le rielabora attraverso l’altro punto di contatto e revisione dei fasti passati di questo genere, lo stoner rock. ‘The Last Embrace’, sin dal titolo, ha l’amarezza e la disillusione di un addio. Su due dischi sono radunati in sostanza tutti i pezzi dei due album in studio (‘Elusive Truth’ e ‘Jug Fulla Sun’) licenziati dalla Tolotta, piu’ versioni demo, tre inediti e un pugno di altre succulente rarita’ tratte da alcuni split a 45 giri (esemplari “So mortal Be” e “Undone Mind”). Si viaggia attraverso le meste e apocalittiche visioni del debutto (“Elusive Truth” non è lontana dalle atmosfere dei Vitus originari) fino alla piu’ calibrata e varia seconda prova, forte oltretutto di una scrittura piu’ matura e consapevole ( e “Melancholy Grey” si avvia e si spegne attraverso un’ intensita’ spiazzante). Ma è l’opera di commiato vera e propria, posta ad incipit del primo disco, a lasciare maggiormente il segno: l’inedita “The Last Embrace”, coi suoi quattro minuti semi-acustici di mesta rilassatezza fa capire di botto molte cose su quanto un sol uomo abbia avuto da dire in piu’ di vent’anni di incondizionata passione musicale. Un addio comunque, ma di quelli di cui non ci si scorda facilmente.