Non è certo la qualità della proposta a difettare nell’ampio panorama sotterraneo delle labels del Belpaese e sono oramai innumerevoli le realtà discografiche che pur nella penuria di mezzi economici si sono dimostrate capaci di offrire uscite di ottimo livello artistico, curate in ogni particolare a partire dalle mirabili scelte grafiche. Quello di cui però spesso e a buon diritto si lamenta l’assenza( dovuta proprio alle carenze “strutturali”…) è invece la progettualità, un percorso mirato in grado di elaborare, seppure in astratto, un programma capace di mirare nel tempo anche oltre l’underground e la circolazione semiclandestina dovuta all’eccessiva parcellizzazione del pubblico di nicchia, un “nanismo” che spesso rischia di lambire la vera e propria autoreferenzialità in un mercato già fin troppo ricco di proposte. Tra le etichette in grado di emergere dal lungo novero di labels indipendenti nostrane, e per la qualità dei dischi prodotti e per l’ insolita capacità di imporre un lampante marchio sonoro, è arduo non attribuire degno risalto ad Aiuola, le cui fondamenta sono state poste nel 2002 e la cui crescita esponenziale è sotto gli occhi di tutti; abbiamo la possibilità di approfondire il discorso con il titolare del progetto,Stefano Rocco, con il quale andiamo a scandagliare un po’ tutto il tragitto che ha condotto Aiuola dagli interessanti esordi pop naif di 3000 Bruchi e Babalot sino ai capolavori riconosciuti da critica e pubblico di Arte Molto Buffa e Non Voglio Che Clara:” Molte cose nella vita nascono spesso con ingenuità. E’ nato tutto con un estemporaneo “Ehi, perché non facciamo un’etichetta?”. E l’abbiamo fatta. Nessuno sapeva come fare. E allora ce lo siamo inventato. Ognuno ha messo a disposizione le proprie competenze interdisciplinari e le abbiamo frullate con sana cialtroneria, tanta fantasia e qualche ottima idea (forse). Insoliti gli esordi di Aiuola;viene prima prodotto del merchandising proposto al Mei di Faenza del Novembre 2002 affinchè il marchio cominciasse a “girare”, e solo a qualche mese di distanza il cd di Babalot:una buona idea certo,ma non senza rischi….:”Rischiavamo il nostro umore. E per ora siamo in attivo. Sinceramente non ci siamo ispirati a nessuno. C’erano etichette che ammiravamo ma avevamo in testa un’idea tutta nostra. E al di là di qualsiasi giudizio di merito, credo che i progetti di Aiuola Dischi siano oggi riconoscibili. E gli esordi sono senza dubbio stati dei più incoraggianti; il cd di Babalot (a.k.a. Sebastiano Pupillo…) espone una teoria lo-fi pop davvero sui generis, densa di melodia e di stratificazioni sonore, alticcia e multisfaccettata, mentre il lavoro di 3000 Bruchi si ricollega alla più nobile tradizione pop nostrana, echi di Gaetano e di Dalla, stille dei migliori anni ’60, ombre wave e un gustoso senso dell’ironia. Fioccano i pareri positivi, anche in virtù di azzeccate scelte promozionali:”Entrambi li avevamo conosciuti per averne recensito i demo e quando abbiamo dovuto fare le prime scelte artistiche, abbiamo rovistato nelle cose ascoltate durante gli anni. Michele dei 3000 Bruchi poi è stato anche uno dei fondatori di Aiuola, anche se ora non si occupa più dell’etichetta. Riguardo alla promozione, abbiamo cercato di costruire un immaginario autonomo, puntando su qualche idea poco convenzionale che destasse curiosità senza cercare rivoluzioni, ma con un approccio diverso alla faccenda. Questo ci ha permesso di avviare sinergie di vario tipo (editoriali, promozionali, commerciali) e stabilire una comunicazione particolare anche con i media. In realtà Aiuola è portata avanti da gente che milita da anni nella caciara indipendente.
Avevamo e abbiamo un polso concreto della situazione e seguiamo quotidianamente ci_e accade nella penisola musicale. Siamo piuttosto consapevoli dei dischi che facciamo. Con tutti i pregi e difetti del caso. Scendiamo un attimo nei particolari; ci permettiamo di chiedere a Stefano quante copie avesse stampato del primo lavoro quale possa essere considerata “la soglia del non ritorno” per una etichetta all’esordio:”Nella cronica scarsità di risorse del morente mondo discografico (sottolineo “discografico”, non “musicale”) contemporaneo, abbiamo necessariamente dovuto pesare ogni centesimo speso. All’inizio abbiamo stampato mille copie di ogni disco e questo è rimasto il taglio che solitamente utilizziamo, per poi eventualmente ristampare (salvo i piccoli progetti di ep e split che stampiamo in poche copie una tantum). Per ora abbiamo moltiplicato il denaro investito all’inizio e continuiamo a reinvestirlo. Siamo probabilmente un po’ taccagni, ma non vogliamo costruire progetti di neo-mecenatismo. I nostri progetti devono essere sostenibili. Comunque l’intervista per stavolta è gratis(risate…).
Una piccola provocazione…si parla tanto e spesso anche a sproposito della questione cd/mp3 e del supporto musicale come oggetto destinato inevitabile a rapida scomparsa nell’era dell’ I-Pod cannibale, come se qualcuno avesse già decretato la morte della discografia tradizionale. Poi però paradossalmente ci si rende conto che le etichette indipendenti più attive e vitali sono quelle che accanto alle qualità indubbie delle proprie uscite ufficiali realizzano il merchandising più accattivante e riuscito.Ma allora come la mettiamo con la “civiltà dell’immateriale”? ”La discografia tradizionale è morta. Su questo non ci sono molti dubbi, restano solo gli ultimi spasmi. Per fortuna noi non facciamo parte della discografia tradizionale. Non siamo una casa discografica, siamo un’etichetta musicale. E c’è differenza. Cerchiamo di costruire progetti di bellezza attorno alla musica. Il pezzo di plastica rotondo è solo una delle componenti di quei progetti. Ormai il product management non può fermarsi alla semplice vendita di un disco e visto che la “professionalità discografica” ha fallito, forse è bene rimettere in gioco un po’ di “amatorialità “; nel senso di amore per la Musica. Potrebbe essere un modo per creare nuova professionalità e dare respiro ad un business musicale che è oggettivamente in crescita, ma che ancora è legato a logiche dei tempi che furono. Major o indie che sia.
E a fine 2004 per Aiuola è giunto il momento del “botto”; con ArteMoltoBuffa e Non Voglio Che Clara è innegabile il salto di qualità fatto dalla sedicente ”etichetta pop, piccola ma curata” rispetto ai primi pur ottimi primi vagiti quanto a prospettive artistiche e commerciali. Un solista e una band non meno che straordinari e che vanno ben oltre il consueto ambito indipendente. Rimaniamo sinceramente convinti che Muffato abbia tutte le carte in regola per incontrare il gusto di un pubblico di notevoli proporzioni( quello dei Gazzè,dei Tiromancino…) e per quel suo modo di giocare con le parole ed i generi in totale nonchalance saldato a quell’incedere stupito e un pò bambino ci riporta dritti al miglior Bersani,e fin da ora attendiamo il secondo imminente lavoro con trepidazione. I ragazzi di Clara hanno obbligato molti a rispolverare gli Endrigo,a fare i conti con i Tenco semiammuffiti dei propri genitori e possiedono una allure, un fascino che ammalia e seduce. I Baustelle con il proprio austero retroterra hanno fatto il loro ingresso nelle playlist “che contano”, Clara non ne ha forse ancora l’immediata fruibilità ma non li invidia quanto a classe cristallina.Chiediamo a Stefano se un tale riscontro fosse nelle attese e ci azzardiamo ad ipotizzare i più rosei scenari futuri ed eventuali tentazioni major:”Si, ce lo aspettavamo. Si sentiva che erano artisti con un grande potenziale. Entrambi potrebbero diventare famosi e se arrivasse qualcuno in grado di assicurargli un salto di qualità notevole, ne saremmo contenti. Il fatto è che quel qualcuno non esiste. Per fare soldi con Artemoltobuffa o Non voglio che Clara, forse il modo migliore sarebbe lasciarli in Aiuola ed investire denaro, risorse ed intelliganza su di loro. La Universal ad esempio lo ha fatto in parte con i Non voglio che Clara. E mi auguro che se una qualsiasi major dovesse decidere di investire ancora su di loro o su Artemoltobuffa, sia così scaltra e lungimirante da capire che non ha senso perdere il valore aggiunto di un progetto Aiuola. E comunque, i nostri artisti sono abbastanza intelligenti da non lasciarsi “portare via”. Abbiamo un rapporto di stima, amicizia e correttezza con tutti i nostri artisti. Se dovessero arrivare soldi, si spera arrivino per tutti. Proviamo a chiedere a Stefano quale sia il suo pensiero sull’attuale scena indipendente Italiana, con i suoi pregi e difetti “strutturali” e quali i rapporti di Aiuola con le altre realtà discografiche del territorio: ”Due dei fondatori di Aiuola Dischi sono anche due dei fondatori di Rockit. Quindi il nostro rapporto con le altre realtà taliane non può che essere stretto e quotidiano. Ne stimiamo molte e con alcune siamo in rapporti di grande amicizia, ma non necessariamente di collaborazione. Credo che non sia tanto l’incapacità di fare circuito il problema, piuttosto la mancanza di voglia e capacità di modificare la struttura del mercato musicale indipendente per arrivare a farsi reale concorrenza. E sottolineo “concorrenza”, intesa nel senso imprenditoriale e progettuale del termine. Questa cosa di abbracciarsi, sorridersi, darsi una mano, venirsi incontro… assume spesso una patina da piagnoni. Come fossimo dei poveracci condannati alla fine, stretti in un afflato d’amore universale. Le sinergie vanno costruite con obiettivi concreti e con la coscienza di scenari futuri. Le azioni comuni devono essere finalizzate ad una concretezza che in Italia spesso manca. Ci vuole lungimiranza, spirito visionario, innovazione di prodotto e di processo, non la semplice unione spirituale per allontanare la fine. Per me ci si può anche mandare a fanculo, purchè si tenda ad un mondo migliore. Chiudiamo chiedendogli quale sia la maggiore soddisfazione raccolta e il peggior rimpianto provato in quattro anni di attività, oltre a qualche piccola anticipazione sul futuro “Una grande soddisfazione è l’aver investito 1.200 euro a testa quasi cinque anni fa e non aver più dovuto mettere mano al portafogli. Abbiamo moltiplicato quei 4.800 euro di investimento e ci abbiamo stampato oltre 10.000 dischi, migliaia di magliette, centinaia di spillette e tanti altri gingilli. Il rimpianto è che quattro anni fa non fosse il 1973. Perché forse ci staresti intervistando all’ultimo piano dell’Aiuola Building. Il futuro?Abbiamo appena fatto uscire un gioco da tavolo chiamato Mondoaiuola:un libro di favole cantate. Una linea di moda. Poi il disco di Artemoltobuffa a Marzo. E poi altri dischi che per ora non possiamo ancora anticipare, ma ci stiamo lavorando. E poi, qualcos’altro ce lo inventeremo, sennò che gusto c’è?