I Canadians fanno sciogliere le tipe!

  • I veronesi Canadians sono un gruppo più che valido. Un gruppo sì giovane ma non affatto ingenuo musicalmente. Una chiachierata con Massimo Fiorio, bassista del gruppo, è la cosa migliore per parlare di progetti presenti e futuri e di aneddoti più che interessanti. Non ve li perdete dal vivo il prossimo 7 giugno durante la serata SporcoImpossibile al Circolo degli Artisti a Roma.

    RockLab: Prima di tutto vuoi brevemente presentare il gruppo in una manciata di parole?

  • Massimo: Copio/incollo una definizione che mi sembra perfetta. “Romanticismo da primo bacio. Melodie per il ballo scolastico di fine anno. Coretti da spiaggia. Ritornelli ammiccanti ed appiccicosi. I Canadians suonano con l’intento di costruire un pop colmo di canzonette adolescenziali e storie da college”. Mi sembra una definizione perfetta!
  • RL: Indiepop invece vi ha definiti come “la prima vera band-on-demand degli italo-indieboys”.
  • M: A noi garba molto di più la definizione “fanno sciogliere le tipe”, ma anche “band-on-demand” non è malaccio. Se devo essere sincero, a volte trovo strano che la nostra musica venga continuamente associata ai teenager, perchè quando ci troviamo in sala prove quello che esce dagli amplificatori è tutto tranne che “per teenager”. Ma il marketing ha fatto il suo sporco lavoro, e ormai siamo stati così bollati, quindi in concerto cerchiamo di non tradire le aspettative e strimpelliamo melodie che probabilmente non farebbero tanto schifo a Seth Cohen.
  • RL: Se vogliamo paragonare la vostra musica ad una ricetta, sicuramente due ingredienti di spicco sono semplicità e melodia. Gli altri quali potrebbero essere?
  • M: Un chilo e mezzo di chitarre distorte, un pizzico di lo-fi, una spruzzatina di psichedelia, qualche coretto alla beachboys. Mescolate il tutto e infornate a 180 gradi.
  • RL: Dopo il pregevole Ep d’esordio “The north side of the summer”, recentemente avete trovato un accordo con l’etichetta, varesina Ghost Records. Come è nato questo matrimonio (o forse è solo un Dico?)?
  • M: È un matrimonio, nato dopo un continuo prendersi e lasciarsi durato quasi 9 mesi. Personalmente ho sempre apprezzato il lavoro fatto da Ghost negli anni scorsi, e trovarmi a lavorare con Francesco e Giuseppe è davvero piacevole. Le premesse per una storia lunga e amorevole ci sono tutte, e noi ormai li amiamo dopo la sorpresa che c’hanno fatto la settimana scorsa, capitando a Liverpool giusto un secondo prima del nostro concerto!
  • RL: Parlando di MySpace con un vostro collega (Matteo dei merci Miss Monroe), è stato ancora una volta sottolineato che fenomeni come MySpace, LastFm e l’esecrabile download grazie a torrent e peer to peer vari hanno davvero contribuito ad una diffusione maggiore di musica di un certo tipo (indipendente e non) che prima era un po’ relegata solo nelle pagine delle fanzine specializzate. Anche voi, mi sembra, siete pienamente convinti di questo, basta considerare che il vostro sito ufficiale ( www.canadiansmusic.com ) rimanda alla pagina di MySpace ( www.myspace.com/canadianstheband ). Perché tutto questo? Maggiore visibilità? Migliore comunicazione? Maggiore possibilità di interagire coi fans?
  • M: Il nostro sito rimanda alla pagina di myspace perchè sono pigro e non ho ancora avuto il tempo necessario per allestire un sito serio (per l’uscita del disco faremo in modo di prepararlo). Però sarebbe una bugia negare l’importanza avuta da myspace per la promozione del gruppo. Senza myspace non saremmo mai andati in tv negli Stati Uniti, ad esempio. E senza myspace sarebbe molto più difficile tenersi in contatto con i nostri fans (ho sempre odiato le mailing list o cose simili). Insomma, chi dice che myspace è una cosa totalmente inutile, lo dice probabilmente perchè non ha un gruppo.
  • RL: In televisione negli Stati Uniti? Racconta!
  • M: Praticamente le tre ragazze di Project Myworld ( www.myspace.com/projectmyworld) ci hanno scelti, assieme ad altri 9 gruppi europei, per la prima edizione del loro programma. La nostra fortuna è stata quella che il programma, dopo la messa in onda della nostra puntata, ha avuto qualche problema di non so quale genere, e la puntata successiva è stata ritardata di un mese e mezzo. Quindi per un mese e mezzo hanno mandato in replica l’episodio con i Canadians protagonisti, e la popolarità negli States ha avuto un’impennata!
  • RL: Fantastico! A proposito di MySpace, il vostro profilo è pieno di ragazze con scritto il nome del gruppo su varie parti del corpo (braccia e mani soprattutto). Come è nata questa cosa?
  • M: È nata all’improvviso. Una nostra fan americana ci ha spedito una foto con la scritta “I love Canadians” sul palmo della mano, e io l’ho messa come profile pic. Mossa azzeccata: dopo di lei le foto si sono moltiplicate. All’inizio ovviamente la cosa ci ha sconvolto: ci sembrava assurdo che qualcuno potesse scriversi il nostro nome addosso, sulla mani, sulle braccia, sulle guance, un po’ ovunque insomma. Comunque teniamo e archiviamo tutto, magari un giorno faremo un bel poster!
  • RL: Avete da poco suonato per due date al Cavern di Liverpool, il 24 e il 25 Maggio. Prima di tutto, dove avete visto la finale di Champions League?
  • M: Non l’abbiamo vista, perchè il nostro volo Milano-Liverpool era proprio la sera del 23. Fortunatamente il volo è stato ritardato di un’ora, quindi ho ascoltato tutta la partita alla radio, esultando bellamente ai gol del Milan pur non essendo milanista, e pensando giusto un pochetto che il nostro arrivo in suolo britannico sarebbe stato tragico…
  • RL: Ma come sono andati i concerti in un posto così storicamente prestigioso? E soprattutto, come è stata l’accoglienza degli inglesi?
  • M: I concerti sono andati molto bene, a parte qualche problema tecnico durante la seconda esibizione, quella al Cavern Club. Gli inglesi erano perennemente sbronzi e devo dire che erano anche molto meno rumorosi della compagine italiana (veronese) che ha seguito i concerti nostri, dei Fake P e degli Home, un tris di gruppi che ha esaurito tutta la birra di Mathew Street nei giorni di permanenza a Liverpool. Il festival in sé è abbastanza inutile. Serve solo per poter dire “ho suonato dove hanno suonato i Beatles”. Una cosa da curriculum vitae, più che vera utilità promozionale. Comunque una bella esperienza, che non ci ha portato nulla a livello di contatti inglesi, ma ha fortunatamente portato qualcosa di utile dalla California. Dita incrociate.
  • RL: E sempre facendo riferimento al vostro rapporto con la terra d’Albione, siete stati messi da NME tra le sue Breaking Band. Non è che finisce poi come per i Disco Drive, ovvero più amati nel Regno Unito che qui da noi?
  • M: Come qualcuno ci ha saggiamente detto a Liverpool (il batterista degli Home, forse…), noi non siamo un gruppo che potrebbe facilmente far impazzire gli inglesi. Quindi il prossimo obbiettivo è finire su qualche rivista americana, così le teenager avranno qualche foto da ritagliare e noi qualcosa in più da raccontare ai nipoti. E poi diciamolo: siamo molto più vicini a certe sonorità americane piuttosto che alla musica proveniente da Londra e dintorni.