- Dopo un debutto indubbiamente interessante come “Dal Fronte Dei Colpevoli” i romani Elettronoir tornano sulle scene con un mini che li mostra in un percorso di crescita esponenziale; le buone intuizioni e gli slanci emotivi dell’esordio sono ora espresse in una forma canzone dall’equilibrio davvero mirabile, un pop noir vellutato ed elegante. Ne approfittiamo per fare quattro chiacchiere con Marco Pantosti, voce e anima del progetto in questione.
Rocklab: Come nasce il progetto Elettronoir e quali esperienze lo hanno preceduto? Visto che ti occupi di musiche e testi possiamo parlare di una one man band “allargata”
- Marco: Mi piace pensare, e ne sono fortemente convinto ormai, che gli elettronoir nascono dopo la fine di una storia d’amore. Scrivo delle canzoni, registrate a palazzo Ricci a Montepulciano, io, Stefano, un pianoforte a coda e nebbia, dentro e fuori dalla mia testa.
Poi gli incontri con Matteo, Davide, Nando ed infine Georgia. Siamo partiti con un altro nome e il progetto era fortemente, ed in maniera immatura, incentrata su un’ idea molto personale di musica.
Grazie agli elettronoir siamo usciti da quell’idea stantia e miriamo ad una avanguardia pop più corale. Io scrivo una canzone e la vivo con gli elettronoir in maniera così profonda ed intensa che poi diventa naturalmente un nuovo brano elettronoir. - R: E’ evidente che l’approccio alle liriche e le citazioni cinematografiche denotino una fascinazione per un determinato periodo del secolo passato…credi nell’interazione tra forme d’arte differenti?
- M: L’interazione è necessaria per qualunque arte e per qualunque artista che abbia davvero qualcosa da dire. Siamo dell’idea che un ‘opera interessante, un’idea profonda, legata all’immaginario, possa essere espressa in modi differenti ed altrettanto meravigliosi. Ti assicuro che per me è molto emozionante guardare una foto, un bacio di giovani amanti, raccoglierne le bellezze, le malinconie, i caratteri, i modi, e portarli dentro una canzone senza citare la provenienza, l’origine. Far rivivere senza nemmeno accennare.
- R: A cosa fa riferimento il titolo dell’Ep?
- M: E’ un codice. Una sequenza di numeri che per gli elettronoir è molto importante. Con quei numeri noi diciamo grazie a molte persone, diamo il benvenuto a Georgia, culliamo le idee di un passato recentissimo, salutiamo chi canta le nostre canzoni nella propria stanza come ai nostri concerti, accenniamo un sorriso alle nostre prossime esperienze musicali, immaginiamo le storie che renderemo musica e canzoni. Per tutto questo, #102006.
- R: Credo ci sia stato davvero un grande passo in avanti tra il primo album e questo ultimo mini; le intuizioni e gli ottimi spunti che affioravano in molteplici occasioni sul “Fronte…” sono ormai perfettamente integrati nella canzoni; non ci sono colpi ad effetto ma tutto risulta in mirabile equilibrio e gli arrangiamenti sempre ben?dosati… Sono passati solo pochi mesi in realtà…
- M: Esatto, è passato poco tempo, ma ti assicuro vissuto in maniera molto intensa. Siamo un gruppo che si deve guadagnare tutto, perchè ogni tanto qualcuno di importante decide, a priori, che siamo antipatici e fighetti. Allora dobbiamo fare sforzi notevoli per far risaltare la nostra umile ricerca artistica. “Dal Fronte dei Colpevoli” ha rappresentato un passo essenziale per le nostre vite, almeno per la mia. Si sono incontrate personalità forti e decise. In quell’album si sente Marco, Matteo, Davide, Nando, e gli -ELETTRONOIR-. Poi dopo una decina di concerti, molte esperienze convissute insieme, siamo tornati in sala e ci siamo accorti che in realtà -ELETTRONOIR- c’era, aveva una sua anima, ed era davvero la sintesi perfetta di quello che siamo. Quindi oggi canta, parla, suona solo lui. Siamo cresciuti e quando ascolterai la prossima produzione capirai davvero dove stiamo andando. “Sciarti” e “Laika”, sono il nord ed il sud di un territorio nuovo e infinito che stiamo esplorando.
- R: “La dolce vita” è una canzone capolavoro; mi aveva rapito nella sua prima versione, ma devo dire che il remix le ha messo letteralmente le ali…; è il vostro pezzo “bandiera”, poteva essere un disastro.. Come vi è venuto in mente di rimetterci mano?
- M: Grazie per “capolavoro”. Era un periodo in cui ci chiamavano in tanti per suonare dal vivo e avevamo una scaletta molto “di ascolto” e poco live. Decidemmo di rinvigorire ed esaltare l’aspetto fisico delle nostre performance. Davide creò questa ritmica incalzante. Senza dirci nulla io e matteo cominciammo a suonare la dolce vita, veloce, tirata, nuova, buonissima per i live. Molto richiesta ed apprezzata, tanto da conferirle il codice di cui sopra.
- R: Anche la scelta delle cover dimostra un certo coraggio; un pezzo dei C.S.I. tanto importante per la propria bellezza e il peso delle liriche che avete osato rivestire di electro-pop, e una traduzione in Italiano di un successo dei Tears For Fears al quale di significato e “peso” ne avete aggiunto altro….
- M: Era dai tempi di “Inquiete”, il live acustico dei C.S.I. che avevo in mente quelle note di Memorie. Ogni tanto capitava che mi mettessi al piano e cominciassi a suonarla. Una sera in sala prove comincia il riscaldamento alla tastiera del pianoforte e Nado, che non conosceva il brano, cominciò a farmi domande su cosa stessi suonando, finchè non cominciai a cantarlo e da lì si parti fino a farne un pezzo elettronoir. Maroccolo ha detto che la nostra versione di Memorie di una testa tagliata è molto commovente. Anche noi ci siamo commossi. Un tributo doveroso, quasi istintivo. Per quanto riguarda Mad world invece la scelta è nata dopo la visione di Donnie Darko. La canzone in questione era stata stravolta, e tinta di surreale filmografia. Ho cercato il testo di Horzabal e ho notato che era pieno di flash, era molto visionario, un susseguirsi di rancori e ricordi personali. Intraducibili e scontati però. Allora ho provato a metterci i miei rancori, i miei ricordi, il mio immaginario. Ed è nata Mondo folle. Il testo più autobiografico che mi sono concesso fin’ora. Una volta delineato il vestito sonoro elettronoir, ci è venuto in mente che una voce femminile evocativa, “altra” rispetto all’io narrante, avrebbe enfatizzato in maniera minimalista l’eco ed il vuoto di alcune visioni raccontate. Abbiamo proposto il brano a Rachele Bastreghi, l’ha ascoltato, le è piaciuto, è venuta e lo ha registrato in maniera entusiasta. Con somma soddisfazione nostra.
- R: L’autoproduzione; una scelta, una necessità? Data la qualità e le potenzialità anche di “mercato” del progetto dubito vi siano mancate le proposte….O forse al giorno d’oggi, quantomeno per l’underground nostrano occorrerebbe smitizzare il concetto di etichetta comunemente inteso.
- M: Una scelta necessaria visto che quello che tu chiami underground oggi si pone in maniera estremamente autoreferenziale: mentre le major non hanno tempo e disponibilità per noi. Le etichette, tutte, hanno senso se gestite con forza economica e sensibilità artistica. Noi siamo entrati in una compilation di Sony-Bmg, abbiamo conosciuto e chiacchierato amabilmente con molti personaggi legati alla discografia, tutti ci lodano, nessuno ci ha fatto mai proposte di produzione. Pensa che siamo arrivati terzi al “Premio Fuori dal Mucchio 2006”, miglior esordio discografico 2006, da autoproduzione. Siamo ad oggi alla terza ristampa del nostro disco d’esordio. C’è parte del gota dell’indie italiano che ci elogia dicendoci che abbiamo un buon progetto che con la sola forza della sostanza, le canzoni, fa meglio, ottiene risultati, che in pochi riescono ad ottenere. Anche se si recensioni, noi siamo un gruppo che si entusiasma quando chiama qualcuno che ci dice “qui ci sono cento/duecento persone che mi chiedono quando vi farò suonare nel mio locale…venite?”. L’ultimo è stato a Lecce. Noi in realtà viviamo del rapporto diretto con il pubblico, con chi paga un biglietto e canta le nostre canzoni. Il resto è un problema della discografia. E non ci riguarda.
- R: Inquietante davvero il vostro pezzo che ammanta di elettronica il terrificante monologo di Volontè di “Indagine su un cittadino…”sull’ordine e disciplina; è straniante pensare a quanto ancora paghi in termini di consenso la strategia della tensione( vedi la Moratti o andando oltralpe al neoletto Sarkozy…).
- M: Inutile dirci e raccontarci menzogne. La società non cambia mai. Cambiano le forme di regressione, di emarginazione, di dispersione, ma la sostanza è sempre la stessa. Quando Petri ha scritto Indagine, non ero nemmeno nato. Quando l’ho sentito la prima volta avrò avuto vent’anni. Oggi a trent’anni la portiamo in giro e vedo gli occhi dihi è più giovane che s’infiammano, L’arte vera è eterna anche perchè la società è immobile da secoli. Essere veicolatori, esserci riusciti, è stata una sfida grossa di cui vado molto orgoglioso. Parli della Moratti e Sarkozy su tutti e credo che non ci sia una sostanziale differenza con il centro sinistra europeo o italiano. La realtà dei fatti è che da sempre servono schiavi, molti schiavi, per permettere a pochissimi di essere molto ricchi. La classe media si assottiglia, i poveri aumentano ed i ricchi diventano ricchissimi e sempre in numero minore. Il dramma è che la classe operaia vota a destra oggi. Vota chi li costringe ad essere miseri. Come se godessero a morire di lavoro per due soldi. In questo sistema è difficile ribellarsi. Chi trova la forza, chi non si è perso prima, diventa un soggetto da reprimere. Chi si oppone deve essere schiacciato in nome della democrazia. Credo sia tutto claustrofobico, soffocante, chiuso, statico, un movimento immobile che doveva lamentarsi attraverso un rumore stridulo e distorto…un suono sordo e potente allo stesso tempo. Per entrare nelle tempie di Volontè mentre s’infervora…un incubo da realizzare.
- R: Potresti spiegarci meglio qual’è il concept che lega le prime due uscite e che avete intenzione di portare avanti anche nelle prossime?
- M: “Dal Fronte dei Colpevoli” è il primo episodio di una trilogia noir che porta il titolo di “Tutta colpa vostra”. Tre ragazzi, delinquenza giovanile, donne che potevano salvarli, donne femmine, anime salvifiche, storie interrotte sulla linea sottile su cui si sanno muovere solo i borderline. Il disco non tratta della storia di una?rapina, dell’ultimo “colpo”. La storia parla delle vite “altre”, quelle maledette, quelle che si fa finta di schivare. La dolce vita, come anche Nero, zero parlano dei due addii che Fabio e Franti, i protagonisti, devono dare alle proprie donne, le uniche persone a cui si siano mai davvero legati. Fabio cerca un pretesto, lo cova dentro, si fomenta per trovare la forza di distruggere un fiore, un amore, una relazione. E alla fine lo dice, lo grida, lo piange. Franti in questo invece è diverso. Non riesce a fermarsi, deve scappare dall’unica possibilità d’amore che ha. Lui deve odiare. Quindi non affronta la situazione, e scivola via nel silenzio.
- R: Progetti in corso, progetti futuri, concerti?
- M: Stiamo affrontando una tematica a noi nuova, il video. Poi entro l’anno cominceremo la lavorazione del secondo disco, il secondo episodio, il seguito della storia iniziata ne “Dal Fronte dei Colpevoli”. Speriamo di suonare un pò in giro e di cominciare ad affrontare il nord che manca alle nostre esperienze. Intanto annuncio che siamo stati invitati a concludere la tre giorni della Festa Europea della Musica a Roma a Galleria Alberto Sordi il 23/06. Il resto sarà reso noto su www.elettronoir.it Ci si può iscrivere alle mailing list mandando una richiesta a info@elettronoir.it oppure a elettronoir@gmail.com