Paolo Benvegnù: Il mare ci controlla…

Stasera finalmente abbiamo ripreso a respirare. I 46 gradi, dopo aver spietatamente messo a dura prova il nostro sventurato equilibrio psicofisico, hanno deciso di far rientro in terra d’Africa, ripagando il nostro superiore spirito di sopravvivenza con un forte vento di maestrale e con la presenza di un atteso Benvegnù. Questa notte siamo quasi completamente circondati dall’Adriatico e totalmente sopraffatti da quell’uomo sul palco e dai suoi giovani soci. Non è difficile impossessarsi con prepotenza della prima fila e anche se chi ti accompagna continua a chiederti come sia possibile mantenersi ancora in piedi dopo un‘intera giornata trascorsa al volante, quando la musica parte non c’è più spazio per lo sfinimento e l’impeccabile intensità di quelle note unita all’ indocile sensualità di Benvegnù avvolgono l’intero molo. Un repertorio che raccoglie tutti quei fragilissimi film insieme a brevi ricordi di Scisma, per sbattere in faccia quella tensione emotiva che raramente si incontra nella scuderia di casa nostra. Nonostante al termine di Suggestionabile Paolo affermi che qualcuno ha scritto parole molto più belle di queste, nessuno tra i presenti intende crederci e al contrario, rispondendo con una sghignazzata, si aspetta insaziabile ancora la sua eleganza. Classe e sudore in cravatta rossa suggellano l’inarrivabile splendore di Il Mare Verticale e di Catherine ma la sorpresa, per chi è al primo live firmato Benvegnù, arriva da un inaspettato umorismo che verso metà esibizione inizia ad emergere sornione, alternandosi alla concentrazione con acuta immediatezza.
I primi segnali del Benvegnù paraculo arrivano alla prima introduzione dei musicisti che l’accompagnano, quando si autopresenta come Omar Pedrini e la sua band, o quando ammette, lui stesso disgustato, di non essere ancora riuscito ad accordare la sua chitarra. Sul finire della serata è ormai sfacciataggine incondizionata e i suoi compagni, che sembrano ancora più divertiti, gli fanno da perfetta spalla per incrementare l’ilarità generale. In chiusura, appena vengono annunciate le prime note di E’ Solo Un Sogno la serenità diffusa si trasforma ancora una volta in unanime pathos e lo spettacolo si conclude con un coro generale che per questa lunga notte si disperde in un mare orizzontale. La verità è che quest’uomo sul palco è devastante e quando ti accorgi che il giorno dopo il concerto quelle immagini si ripetono violentemente nella testa ti convinci senza alcuna esitazione di aver assistito a qualcosa che non dimenticherai facilmente e che al contrario vorresti accadesse ancora.