Intervista a Fuzz Orchestra: Frammenti

  • Quello dei Fuzz orchestra è sicuramente uno dei dischi che ho ascoltato di più in questa prima metà di 2007, un disco forte ed energico, controverso nel suo essere colmo di significati musicali e non. Ecco quindi una intervista con Luca Ciffo e Fiè (membri anche dei Bron y aur, così come il terzo Fuzz orchestra, il batterista Marco Mazzoldi) che senza peli sulla lingua ci parlano della loro musica e di ciò che la circonda:

    Rocklab: Tre dischi con tre diversi gruppi nel giro di pochi mesi, Plasma expander, Fuzz orchestra e il nuovo Bron y aur. C’è un filo conduttore (o più fili conduttori) tra questi tre progetti?

  • Fiè: Più che di filo conduttore si può parlare di vera e propria famiglia: Fuzz Orchestra è infatti formata da tre dei quattro Bronyaur, mentre il quarto suona con i Plasma Expander. Della famiglia fanno parte anche altri progetti, tra cui il sestetto d’improvvisazione Collettivo A6. Altro tratto comune è d’essere pubblicati in vari incroci dalle etichette indipendenti Wallace Records e Bar la Muerte. La stretta parentela si ferma qui: ogni progetto presenta strumentazioni e soluzioni sonore, estetiche e musicali diverse ed assolutamente individuali, fattore questo – a parer mio – estremamente positivo.
  • R.: Una delle caratteristiche che ho preferito tra quelle che sono state capaci di colpirmi maggiormente in “Fuzz orchestra” riguarda i sample vocali, i quali spesso e volentieri diventano un vero e proprio strumento aggiunto, anche al di là del loro significato. Era uno degli obbiettivi del progetto? Cosa potete dirci sul loro utilizzo?
  • Fiè: Essendo la Fuzz Orchestra formata da un batterista, un chitarrista ed un rumorista, i vari samples rappresentano un vero e proprio strumento, per quanto eterodosso. Estratti da film, registrazioni ambientali, scrosciare di radio, vinili torturati e tutto il resto non sono perciò frutto di un mixaggio posteriore ma contributi sonori “suonati” contemporaneamente a chitarra e batteria. Contributi sonori che possono seguire tanto uno schema musicale, più o meno ritmico e melodico, quanto un copione teatrale, capace di raccontare storie, sviluppare cronologie, incarnare una voce narrante sovrapposta in maniera coerente alla materia più strettamente musicale. Chiariamoci: niente che pretenda d’essere originale, solo la constatazione di quanto potesse essere per noi stimolante accoppiare alle strutture violentemente hard rock create da chitarra e batteria queste sonorità diverse. La strumentazione usata per produrre e riprodurre questo insieme di effetti sonori è inoltre costituita, a parte un comodo lettore cd, da materiale analogico: giradischi, radio, walkman e così via; il tutto viene suonato con un mixer amplificato da una testata da basso con casse da 400w. I suoni ottenuti mantengono così una grana ruvida, più vicina ad uno sporco strumento elettrico che a qualsiasi tipo d’elegante consolle.
  • R.: Restando sui sample vocali, ma spostandoci sul loro significato, è molto forte la componente politica, anzi direi che è dominante. Allo stesso tempo però sono testimonianze e parole che vengono dal passato, quello più prossimo, del nostro paese, avvenimenti che molti vorrebbero proprio dimenticare. Com’è avvenuta questa scelta? Cosa potete dirci in più di quello che tutti possiamo sentire nel disco?
  • Fiè: Scrivere ed interpretare testi politico-sociali che non risultino banali o retorici è una delle imprese più difficili al mondo se non sei Carlo Sassi, Demetrio Stratos o Fabrizio de Andrè. D’altra parte uno dei primi elementi ad entrare nella mia libreria di suoni e rumori furono proprio estratti da films di critica sociale e politica anni ‘70, registrati e riprodotti poi con un lettore cd. La scelta di suonare questi dialoghi e narrazioni su una base musicale nasce insieme al progetto Fuzz Orchestra, che conseguentemente esplicita una sua collocazione politica, che potremmo in-definire come critico – libertaria. Infatti – come giustamente noti – si tratta di contributi più storici – e quindi politici in senso lato – che politici in senso stretto, inseriti in quello che rimane un disco fuzz rock e non un saggio storico né tantomeno un manifesto politico. Piuttosto un collage di frammenti con alcuni denominatori più o meno comuni: una favola lenta, una struggente melodia napoletana, un vecchio partigiano che quasi 30 anni fa spiegava perché fu giusto fucilare Mussolini: “l’avremmo ancora sullo stomaco”. Oggi non lo dice quasi più nessuno. Si trova in “Piazzale Loreto” di D.Damiani (1981). Altri samples presenti sul disco sono tratti da un capolavoro quasi sconosciuto: “Il Potere” di A. Tretti (1972). Entrambi da vedere. Una cosa hanno in comune: pur essendo stati prodotti molti anni addietro, sembrano realizzati oggi. Ma oggi invece film così non li fa più nessuno.
  • R.: Sarei molto curioso di sentirvi dal vivo, e spero che prima o poi avvenga, ma intanto vorrei chiedervi come vi approcciate ai concerti come Fuzz orchestra.
  • Fié: Due parole d’ordine: indipendenza, ovvero poter – eventualmente – fare a meno dell’impianto, e “aggressività”. Questa si è imparata lavorando come tecnici luci: un tecnico di lunga esperienza diceva che “il materiale va aggredito”. Lo stesso vale per qualsiasi strumento musicale, fiati, corde effettistica varia e pure per la stessa materia musicale e sonora. Figuriamoci la batteria! Questo non significa però tirare il collo agli amplificatori o martellare come matti dall’inizio alla fine; significa – per noi – lavorare sull’intensità di ogni momento suonato all’interno del singolo pezzo e sull’architettura del concerto live, con l’intenzione di renderlo sì brutale ma – si spera – il più possibile vario, interessante e coinvolgente. Anche la durata è importante. Un concerto dovrebbe essere come un buon pasto: lasciare un filo d’appetito e non satollare. Comunque, pur presentandoci sul palco eleganti come una vera orchestra – e come mai in vita nostra – si finisce sempre sudati e suonati: a qualcuno – necessariamente – frac e cravatta spariscono dopo il primo pezzo per finire arrotolati tra aste e tamburi.
  • R.: Quanto della vostra musica, non solo nell’incarnazione Fuzz orchestra, è una valvola di sfogo? Quando incide la vostra vita di tutti i giorni sulle vostre canzoni?
  • Luca: indubbiamente fare musica significa, almeno per me, vivere una dimensione parallela che ha comunque dei punti di contatto con la vita reale: il concerto ad esempio è in qualche modo uno sfogo, non so bene di cosa, forse di una violenza repressa che nella normalità non agisco; altre volte suonare permette di vivere quel tipo di emozione “assoluta” che si vive nell’amore o nell’empatia con alcune persone , o nella contemplazione cosciente di qualcosa. Non si tratta comunque dello “sfogo” limitato nel tempo del lavoratore represso o di quello che scappa per due ore dalla famiglia.
    Nel caso della Fuzz Orchestra la nostra vita incide sulla musica nel senso che questa viene usata anche per veicolare dei contenuti e delle convinzioni che permeano la nostra quotidianità; quindi anche qui il nesso è piuttosto stretto.
  • R.: Per me fate parte di quella cerchia di artisti italiani che pur facendo musica fondamentalmente rock, riescono a dargli connotazioni tanto personali quanto sperimentali. Come vedete l’attuale panorama rock indipendente italiano? Quali sono secondo voi i suoi pregi e i suoi difetti più rilevanti?
  • Luca: Il panorama italiano è un intreccio di grandi cose e grandi miserie.
    Il più grande peccato è che gruppi come A Short Apnea, Ovo, Jealousy Party ed altri saranno forse riscoperti tra 30 anni come dei geni: il problema è che oggi sono conosciuti solo da una piccola schiera di eletti, che poi sono le stesse persone che si incontrano ai concerti: il giro è un po’ sempre quello.
    Quello che manca a queste musiche è l’opportunità di farsi ascoltare: è inutile e nauseante parlare di radio e televisioni, credo però che le riviste musicali, ad esempio, anziché pompare tutte all’unisono i Battles, potrebbero valorizzare maggiormente i gruppi validi che hanno “in casa”.
    Purtroppo le riviste musicali sono nelle mani di gente come Claudio Sorge, il direttore di Rumore, che era impazzito per il debutto della Fuzz Orchestra (abbiamo delle mail a testimoniarlo), che voleva mandarci all’Italia Wave come gruppo della rivista, e poi tutto si è risolto con una recensione immotivamente tiepida solo perché Blow Up aveva recensito il nostro cd il mese prima, togliendo quindi a lui la paternità della “scoperta” di questo nuovo promettente gruppo italiano.
    (Tra parentesi diciamo anche che Blow Up ci ha recensito prima perché i giornalisti che vi lavorano si degnano di ascoltare anche i promo, cosa che a Rumore invece non si sognano di fare).
    Chi potrebbe fare qualcosa in più se solo fosse interessato, sono quei negozi che vengono riforniti dai distributori dei materiali indipendenti italiani: sembra magari una cosa irrilevante, ma l’esperienza ci dice che queste musiche, quando qualcuno dà loro l’opportunità di farsi ascoltare, creano quantomeno curiosità: credo che se qualcuno avesse il coraggio di mettere qualche disco Wallace nelle postazioni di ascolto, o anche solo di “metterlo su” come disco in ascolto in negozio al posto di Chris Cornell, o chi per esso, qualcosa forse cambierebbe.
  • R.: Per finire, dopo gli ultimi frenetici mesi di attività cosa dobbiamo aspettarci da Fuzz orchestra, Plasma expander e Bron y aur?
  • Fiè: Per Bron y aur alcuni concerti in Sardegna, quest’estate. Dove saprò anche i prossimi impegni di Plasma Expander. Con Fuzz Orchestra stiamo programmando una serie di concerti in Italia ad Ottobre e verso primavera delle date all’estero; intanto stiamo lavorando al prossimo disco Fuzz Orchestra, che si spera riuscire a pubblicare prima della prossima estate: un disco all’anno, come si faceva trent’anni orsono o giù di lì…