Gabriel Sternberg: La distanza della notte

  • Gabriel Sternberg è un personaggio interessante: un cantautore giovane capace di scrivere canzoni incredibili e stupende, minime ed intense, contenute in due dischi da ascoltare con meraviglia, il promo d’esordio ‘Silent Days’ ma soprattutto ‘Endless Night’.

    Rocklab: Iniziamo da una domanda “istituzionale” (che poi domanda non è, diciamo che è una sorta di incipit): parlaci un po’ di te. Si dice che Gabriel Sternberg non sia il tuo vero nome, si dice che di giorno tu faccia il bancario. Si dicono alcune cose ma rimane l’alone di mistero.

  • Gabriel: Mi chiedo perché tutti si pongano questa domanda… Se questo sia il mio vero nome, se abbia un lavoro “normale”… lo trovo divertente. Mi fa sentire quasi come un agente segreto con una identita’ nascosta da proteggere… o come un Supereroe!
  • R: Forse perché incuriosice la differennza tra una vita normale, quasi banale, e la specialità delle canzoni che canti e interpreti. E proprio di questi vorrei parlare: ciò che li caratterizza è un’estrema semplicità, un minimalismo nel testo come nelle musiche, ma senza superficialità, anzi l’effetto è quello di un senso di profondità, magari anche di un qualcosa difficile da cogliere all’inizio. In ‘Endless Night’ risalta spesso questa dicotomia: distante/vicino, conosciuto/arcano, per non parlare di pieno di pace/inquieto. È una cosa fortemente voluta o è una suggestione da ascoltatore?
  • G: Direi tutte e due le cose insieme, o nessuna. Trovo che nella musica, come nella vita, le cose più semplici siano anche le più sincere e vere. Con questo non voglio elogiare la banalità, anzi. Se dovessi riconquistare un amore, per esempio, non credo riuscirei mai a scrivere pagine e pagine sull’argomento per poi spedirLe e sperare che capisca. Rischierei di impazzire nell’attesa. Penso invece che sarei in grado di correre per chilometri sotto la pioggia a dirotto solo per raggiungerLa e per poi inginocchiarmi e donarmi esausto a Lei. E piangere disperatamente nel suo grembo come un bambino.
  • R: E generalmente come lavori sui pezzi? Come si sviluppano? Quando ci mette una canzone a nascere e crescere completamente?
  • G: Difficilmente mi capita di decidere quando scrivere una canzone, succede più frequentemente il contrario. E succede solo in alcuni particolari momenti. Devo ammettere di essere estremamente pigro, di solito si manifesta più come un bisogno terapeutico che per una precisa volontà di farlo. Non credo infatti di avere la costanza per impormi di suonare se non lo avvertissi come una urgente necessità. Attribuisco anche a questo il fatto di non essere mai riuscito a suonare in una vera e propria band, come sognavo da piccolo. Le prove… sono certo che mi avrebbero sbattuto fuori dopo solo qualche settimana.
  • R: Un’altra cosa che mi ha colpito è la grande intimità che le tue canzoni trasmettono. Come riesci a rendere queta cosa in una dimensione come quella del concerto? E dall’altra parte, come reagisce il pubblico?
  • G: Quando suono dal vivo credo che l’atmosfera sia ancora più intima. Esibendomi in solo cerco spesso di interagire con il pubblico in modo tale da instaurare un rapporto “alla pari” e quindi far sì che le mie canzoni e le mie emozioni siano maggiormente condivisibili. Quando mi trovo sul palco, quando suono un mio brano – mi perdo e mi ritrovo allo stesso tempo… è una sensazione strana e difficile da descrivere.
  • R: A proposito di concerti, qual è l’ultimo che hai visto?
  • G: Adesso che ci penso, è passato davvero parecchio tempo dall’ultimo concerto a cui ho assistito. Ricordo quella sera di essere andato a prendere in Stazione degli amici che erano venuti a trovarmi dalla Germania. Ma anziché tornare a casa, li portai con me in un locale di Milano perché non volevo assolutamente perdere lo show di Adam Green. Credo si tratti più o meno di un anno fa.
  • R: E i tuoi recenti ascolti musicali? Qual è la cosa più distante dalla tua musica che ascolti?
  • G: Ultimamente sto ascoltando molta musica classica o progetti più sperimentali, che poco hanno a che fare con la forma-canzone. Non è necessario come una musica si presenti, ma ritengo fondamentale la sua melodia. Solo se questa riesce a colpirmi e ad emozionarmi, allora mi piace. Certo… a parte ovviamente la musica tradizionale bavarese che tra l’altro utilizzo spesso come introduzione ai miei concerti!
  • R: Chiudiamo con una domanda classica nonché scontata: che stai progettando? C’è già un nuovo disco all’orizzonte?
  • G: Proprio qualche giorno fa ho registrato una nuova canzone, ‘All I Can See Is You’, che farà parte della compilation in uscita per la mia etichetta, la Canebagnato Records. Mentre il 23 ottobre sarò ospite del programma radiofonico Venti22 su Radio Hinterland. E poi, poi… Schau ma mal!!!