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Un musicista del Sud, presto o tardi, finisce sempre col ricercare l’ispirazione nelle proprie radici. Se lo stesso è siciliano allora è certo che l’estro giungerà proprio dalla sua terra.
Agghiastru (dal vernacolo siciliano “ulivo selvatico”), cantautore agrigentino venuto su principalmente a pane, metal e tradizione, con ‘Incantu’ si presenta sulle scene del folk teatrale e intimista, consolidando le sue vesti da cantastorie siculo e lasciando emergere la sua inclinazione all’osservazione dell’animo umano.
I riferimenti alla sua terra riecheggiano in tutto l’album, sia per le storie raccontate ma soprattutto per le atmosfere prodotte, e nonostante l’utilizzo di certi suoni possa spesso riportare alla mente l’arsura del deserto americano, la scelta del dialetto e l’immagine sciamanica dell’artista richiamano con estrema immediatezza il calore della nostra terra a tre punte .
‘Incantu’ dunque celebra il sangue, la maledizione, l’amore raccontato, come raramente accade, in tutto il suo marciume, la paranoia, la solitudine e il suicidio, costruendo l’immagine di un’artista che sembrerebbe rievocare la teatralità di Capossela, l’intimismo di Paolo Cattaneo e il vigore di Cesare Basile.
Per cui prova superata per l’oleastro, con la speranza però che in futuro abbia voglia di raccontarci anche qualche fiaba a lieto fine.