Marti: Sognando L’Altrove

  • Difficile inquadrare i Marti, gruppo genovese autore più di un anno fa dell’ottimo esordio ‘Unmade Beds’, raffinati, musicalmente molto maturi, legati a una musica elegante ed evocativa. Ho fatto questa chiacchierata con Andrea Bruschi, frontman e leader della band ma anche attore, alla vigilia del loro sbarco in Europa:

    Rocklab: Vorrei partire parlando di te, attore, musicista. Trovo che nel tuo modo di cantare e ancora di più nel tuo modo di stare sul palco con i Marti ci sia molta recitazione, eppure recitare viene sempre accostato con maggior facilità alla finzione considerando molto meno quello che un attore ci inserisce di suo nel personaggio. Come consideri il rapporto tra le tue personalità artistiche? Si finge meglio in un teatro, davanti a una cinepresa o suonando su un palco?

  • Andrea Bruschi: Parto con un avversativa, ma ad una domanda cosi’ si può rispondere in molti modi perchè ha tanti strati..

    Dunque diciamo che si tende sempre a fare confusione sul recitare. Recitare è innanzitutto raccontare una storia e questo è alla base della comunicazione e dell’espressione artistica, la vera sfida è se c’è una storia da raccontare e se si ha una storia da condividere e come la si vuole raccontare cioè in che modo. Questo è il fondamento di tutto.
    Non bisogna generalizzare perchè quando si è sul palco e non solo, si recita tutti in varie repliche che avvengono simultaneamente in quel preciso istante. Sia che si suoni sia che si reciti sia che si faccia uno striptease. C è sempre una citazione che si ripete cioè una re-citazione. Il vero mistero che fa’ di una messa in scena un evento unico è che nonostante sia recitato il verso o l’accordo di chitarra l’artista riesce e far vivere quella cosa come unica e non ripetuta. Lì sta
    il segreto evocativo della scena e lo si fa mettendosi a nudo. Sembra un paradosso ma non lo è.

    Veniamo a me io nasco diciamo come cantante compositore pop wave negli anni 80′ e da lì ho fatto tanti errori e anche cose belle che mi hanno portato a realizzare Marti. Il mio lavoro e passione da attore arrivano in un secondo tempo e sono state fondamentali per capire certe dinamiche mie personali e approfondire una mia sensibilità che con una maggiore esperienza e consapevolezza ha reso tutto molto più diretto.
    Quindi quello che posso dire io è che l’interdisciplinarietà è utile o forse fondamentale ma
    è sempre un discorso molto soggettivo. Io francamente penso che un musicista o un attore o un
    fotografo ecc.. dovrebbero essere sempre in sintonia con quello che succede a livello artistico ed essere sempre curiosi ma appunto il mio punto di vista è di un creativo e non di un turnista della musica o dell’arte in generale..

    Concludo dicendo che manca la certezza dell’esistenza ma attenzione a non connotare la parola fingere con senso negativo, perchè si crea qualcosa e si fruisce di una storia per emozionarsi sia da pubblico che da attore( inteso con colui che agisce ). Il sentire ed il sentimento sono un grosso mistero a cui bisogna essere devoti. quindi io creo una mia realtà per raccontare una storia e sentire e non fingere. Il segreto è tutto lì.
    L’ artista può avere tutte le scenografie ed orpelli vari o essere da solo in calzamaglia in scena senza
    nulla attorno ma quando recita la verità è più verità della verità.

  • R: Passiamo ai Marti: non sei certo nuovo a esperienze musicali. Come nasce il gruppo?
  • A.B.: Il gruppo nasce dal fatto che volevo dei musicisti che mi aiutassero a creare questa forma. Le canzoni nascono da me ma sono sempre elaborate con il gruppo.
    Prima ho trovato Luca Pagnotta(Voci Atroci) e Simone Maggi poi sono andato da Paolo Benvegnu'( il produttore del disco) che conosco da tanti anni e lui entusiasta del progetto mi ha dato una mano a trovare gli altri musicisti.
  • R: Si può dire che i Marti non suonano certamente musica “per ragazzini”, le vostre canzoni e il vostro suono sono molto adulti e raffinati, eppure riuscite a conquistare anche i più giovani, o almeno così mi sembra guardandomi intorno ai vostri concerti genovesi: qual è la ricetta per rendere priva da vincoli generazionali la vostra musica?
  • A.B.: È una buona domanda ma non saprei rispondere esattamente forse la canzone wave è stata riscoperta da tante persone sia chi l’ha vissuta al tempo e sia chi la sente per la prima volta. Sicuramente non mi sono messo a tavolino su cosa potesse funzionare. La mia scelta è stata organica perchè è la musica che sento da sempre ed è la sola che so creare. Probabilmente a livello di inconscio collettivo c è anche voglia di sentire queste sonorità e sensazioni.
  • R: Passiamo a Genova: quanto la città per le sue atmosfere e il suo ambiente influenza la vostra musica?
  • A.B.: Certo Genova mi influenza molto anche se sono stato sette anni a Roma. Genova è sempre con me anche se io cerco sempre l’altrove e l’ho sempre fatto anche quando ero piccolo. Se sono a Brooklyn cerco anche un po’ San Fruttuoso e Marassi ( Due quartieri genovesi).
    Genova è bellissima e suggestiva ma doveva essere ancor più bella fino agli anni 50′. La città era viva con le sue spiagge, adesso il rapporto con il mare non esiste praticamente. Penso sia l’unica città che ho visto nel mondo dove non è possibile andare sulla spiaggia d’inverno a mangiare, ballare ecc.
    È tutto sotto il controllo di un grande fratello piccolo borghese con il grilletto puntato. Spero tanto nei sudamericani tra 70 anni la città sarà loro e allora ci saranno spiagge libere e gente che gira ovunque.
  • R: Dalla tua adolescenza a oggi devi averne viste tante nel cosiddetto panorama musicale genovese: è cambiato qualcosa seconda te oggi rispetto ai tuoi primi passi? Cosa ne pensi dei pregi e dei difetti del pianeta-musica cittadino?
  • A.B.: Non è cambiato molto. Rimane una città molto difficile ma con grandi creativi. D’altra parte i liguri sono una stirpe diversa dagli italici e etruschi questo non va dimenticato. Siamo celti…siamo isolani.

    Se guardi il patrimonio di musica e arte in generale che questa regione ha dato all’Italia penso abbia
    pochi rivali ma appunto la Liguria si contraddistingue perchè non è in competizione con nessuno quindi non fa niente per migliorarsi. Cioè le forze politiche-feudali famigliari che la governano da duemila anni non muovono foglia.
    Ma vorrei spendere due parole per l’etichetta dei Meganoidi: la Greenfog records. Grazie a loro il mio disco è uscito. Il mio lavoro gli fu tra l’altro segnalato da Michele Bitossi dei Numero6, altro gruppo genovese, quindi non è vero che non ci sia solidarietà tra gli artisti di questa città.
    La positività ed entusiasmo che regna nell’etichetta ha contraddistinto il nostro rapporto. Sembra facile essere postivi e costruttivi ma non è cosi in questo momento in Italia dove tutto è difficile. quindi a loro va un grande merito di aver creato una realtà positiva in questa città. Gli auguro tutto il meglio. Evviva i Meganoidi!

  • R: Attraverso le tue esperienze artistiche provo a farti una domanda a largo raggio: l’arte in Italia, che si tratti di musica, cinema, teatro o quant’altro, in che stato di salute si trova?
  • A.B.: Beh è un domandone. Fammi pensare. Direi che l’Italia non si trova in un buon momento, questo è chiaro e lampante. gli italiani per quanto si possa generalizzare sul termine stanno soffrendo ma rimangono sempre tra le persone più creative del pianeta.

    Cosa è successo in Italia? Questa è una domanda che ancora ho sentito porre poco dai media mainstream. Ora io non sono un sociologo ma c’è stato un grosso cambiamento negativo nei costumi negli ultimi 30 anni.
    L’Italia è in balia della mediocrità televisiva e delle mezze persone. Qualcuno ha consegnato a loro l’Italia e questo è cosa sono riusciti a fare essendo codeste persone prive di ogni senso estetico e morale.
    Dal dopoguerra agli anni 70′ abbiamo insegnato a tutti come raccontare le storie con cinema, pittura, musica ecc., dalla cosa più pop alla creazione più marginale possibile da Tenco a Modugno a Luigi Nono per parlare di musica. Adesso questa stagione è tramontata e bisogna cercare queste cose in Messico o in Corea ad esempio, ma appunto bisogna vedere perchè l’estro e l’autenticità del nostro popolo è così forte da creare anche in questa situazione off limit ma non mi sembra che la politica innanzitutto abbia fatto niente per salvaguardare questo patrimonio.

  • R: Per finire l’intervista mi hai accennato l’ultima volta che ci siamo incontrati che il futuro prossimo dei Marti è al di fuori dei confini nazionali: cosa puoi raccontarci di quest’avventura? Quali sono i risultati che ti piacerebbe raggiungere con la tua band nei prossimi mesi?
  • A.B.: Bene quello che speravo sembra sia successo. Cioè ho firmato un contratto di distribuzione europeo del disco con l’ etichetta canadese F.O.D. records e presto realizzeremo un secondo album.
    Sto partendo per la Germania che è il primo territorio dove sta per uscire il primo album. È previsto un tour europeo prestissimo.
    Quindi ricollegandoci al discorso di prima sono dovuti venire da fuori Italia a muovere le acque ma
    appunto questo è quello che ho sempre sperato perché come essere umano sogno sempre l’altrove.