Neverland Festival: Isole e musica.

Prima edizione per questo festival che raccoglie gli sforzi dei comuni e degli organizzatori dei tantissimi piccoli e medi festival che in primavera e in estate allietano la provincia bergamasca, aprendo così la stagione degli stessi nel migliore dei modi. Sì perché questa nuova creatura di nome Neverland si presenta subito bene: due serate, un cast di tutto rispetto e accesso rigorosamente gratuito. E le attese e gli sforzi vengono ripagate da esibizioni ottime, da una bellissima atmosfera e da tantissima gente che si riversa in quel di Calusco d’Adda (oltre che dal bel tempo, grazie al cielo).
Prima serata, quella di venerdì, antipasto sfizioso: i Gea alternano momenti brillanti e potenti a canzoni meno incisive, sfruttando le molte potenzialità lingua italiana, inglese e francese (esperimento poco riuscito, l’uso di quest’ultima) unite a pezzi distorti, acidi alla Jesus Lizard e Fugazi. A seguire i Marta Sui Tubi, sempre divertenti, sul filo tra emozione ed ironia, tra folk e rock: il trio è in formissima e regala una serata piena di calore. Ma come si dice in questi casi, loro sono una di quelle realtà che o si odia o si ama. Io propendo per la seconda alternativa.
È la giornata di sabato 3 Maggio quella che sicuramente regala più emozioni. Apre le danze Fabrizio Coppola: band nuova e set elettrico un po’ da rodare per il cantautore milanese, però nel complesso più che piacevole.
Degli Amor Fou, il nuovo progetto di Alessandro Raina, me ne avevano parlato bene in tanti e già da un bel po’. Dal vivo sono stati una scoperta e mi hanno conquistato con quel loro romanticismo doloroso e vintage, con le inquietudini senza riposo e senza fissa dimora: da riascoltare, magari di notte, in solitudine e con estrema attenzione.
Il Teatro Degli Orrori, vestiti di un nero elegante (tranne Francesco Valente in bianco dietro le pelli, sempre con quel suo fantastico modo di usare le bacchette al contrario), hanno dimostrato ancora una volta (ma non so sinceramente se qualcuno aveva ancora dubbi di questo genere) di essere una sicurezza: set potente già dall’inizio (Vita mia… a noi due!) che tra carrarmati rock, staffette partigiane, canzoni di gente che se n’è andata via e sbronze epocali si trasforma in un costante flusso di adrenalina, intervallato dagli acidi monologhi spezzettati di un Pierpaolo Capovilla sempre meno ubriaco e sempre più attore d’effetto. La chiusura con la straziante Lezione di musica e la sua coda noise stoner mozzafiato (le due chitarre incendiarie!) sanciscono uno dei migliori concerti della band.
Una pausa cena per riprendersi dal Teatro e dai suoi Orrori ed ecco Morgan, oramai portatore di una duplice identità: una è quella del personaggio televisivo in voga (remember X Factor?), sentenziata e confermata dalle tantissime ragazzine adolescenti che lo attendono all’uscita del backstage, con cartelli alla “Morgan 4 ever” o “Morgan sei la nostra emozione”. Già da qui si apre un interrogativo: quante delle sopraccitate (e sovraeccitate) piccole fans seguono il buon Marco Castoldi dal punto di vista musicale? A voi l’ardua sentenza. L’altro lato di Morgan si sviluppa ovviamente sul palco: accompagnato da tanti aggeggi elettronici e supportato dal compare Megahertz, nella sua esibizione in veste synthpop e intervallato da pause e tempi morti da melodramma sviluppa canzoni sue (Amore assurdo, Animali Famigliari, Me), brani di tempi che furono e che a quanto pare saranno (leggasi “pezzi dei Bluvertigo”: Decadenza, La crisi, la chiusura con Altre forme di vita) e cover più o meno scontate (Fashion di David Bowie e Ma cos’è questa crisi canzone futurista scritta nel 1933 da Rodolfo De Angelis).
Chiudono in grandissimo stile i Marlene Kuntz: partenza con un Cristiano Godano seduto e (diversamente da tutti gli altri tour fatti fin ora) Riccardo Tesio ala sinistra del frontman barbuto. Nel difficile compito di rispondere con garbo ai fan imploranti ad ogni secondo per ascoltare Festa mesta, Ape regina e Sonica (nessuna delle tre è stata fatta) i Marlene decidono di puntare soprattutto sull’ultimo disco, ‘Uno’, su tre cover, tre grandi classici (Siberia dei Diaframma, La libertà di Giorgio Gaber e Impressioni di settembre della PFM) e su qualche classico che si inserisce bene tra le nuove (Nuotando nell’aria, Lieve, Ineluttabile, L’esangue Deborah, La canzone che scrivo per te, A fior di pelle). Un gran concerto.
Alla prossima, sperando che il Neverland dopo questo decollo prepotente riesca a volare alto per molto molto tempo.
Tutte le foto sono di Miriam Giudici e Daniele Bianchi