Toti Poeta – Lo Stato Delle Cose

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Non è facile fare il cantautore oggi. Ed è ancora più difficile farlo in modo poetico e scanzonato, intelligente ed ironico. Toti Poeta c’è riuscito.
‘Lo stato delle cose’ è un disco sorprendente: da una parte una certa attitudine “tradizionale” cantautorale (due nomi non a caso: Vinicio Capossela e Daniele Silvestri), dall’altra arrangiamenti, idee e suoni più indie pop (se mi passate il termine) che ricordano i Northpole o i primi Perturbazione. La nostalgia della traccia che dà il titolo la lavoro (“non c’eri tu tanti anni fa tra queste vie, la mia città cattiva, accattivante. Andare è più facile che restare, cambiare per non cambiare lo stato delle cose”) si mischia con il sarcasmo di Freak or frac (“L’indipendente ti vuole freak, la casa major ti vuole in frac, io non ho alcuna possibilità”). E già con queste due perle si rimani incuriositi e affascinati. Amarezze, piccole gioie, sensazioni di disturbo, sensazioni di libertà, la religiosità da paese, paure che svaniscono, ricordi che creano assalti alla mente, l’attaccamento alla propria terra: ecco cosa si trova nelle canzoni di questo disco, miscelate con classe, qualità e piglio dell’artista vero. Per convincersene ascoltare Le cose che non si dicono, Le nuove primavere, Terre libere e Autolesioni o Comuni immortali (dieci e lode al titolo, ma non solo a quello). Insomma un po’ tutte le tracce, senza dover avere il gravoso compito di scegliere.
Che continui così, questo ventottenne siciliano, senza fare il freak o mettersi il frac. Non serve.