Ray Davies – See my friends

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8/11/2010 UMTV www.raydavies.info

You Really Got Me [with Metallica]

I parenti, al contrario degli amici,  non ce li si può proprio scegliere. E siccome le cose con il fratello Dave – l’altra metà dei Kinks –  non accennano a migliorare, Ray Davies preferisce buttarsi nell’abbraccio dei tanti sodali ed estimatori collezionati nel corso di una lunga carriera.

La collaudatissima formula del disco “Tizio & friends” è un modo come un altro per allungare il brodo -peraltro soltanto un anno dopo che The Kinks Choral Collection aveva già ripassato il repertorio della formazione con l’aiuto del Crouch End Festival Chorus. Se album come questo hanno una qualche utilità che non sia celebrativa, è quella di saper mettere nero su bianco l’enorme spettro di influenza che band come i Kinks hanno esercitato sulle generazioni musicali successive. Perchè, al di là delle frasi di circostanza, tutti i qui presenti possono effettivamente dire di aver contratto una qualche forma di debito con sir Davies: da Billy Corgan ai Bon Jovi,  dai Metallica fino ad Amy Mc Donald (che, a proposito, non se la cava niente male sulle note di Dead End Street).

In mezzo a questo bailamme di congratulazioni e strette di mano, il festeggiato canta a mezza voce e si comporta con understatement da vero inglese: pare quasi di vederglielo, quel sorriso sornione stampato in faccia a metà fra il lusingato e un “chissa-quando-finisce-questa-baracconata”. Solo quando si intrattiene amabilmente con la più giovane e caruccia del gruppo – la Mc Donald, appunto – ritrova un accenno di spirito d’iniziativa: per il resto si lascia coccolare, delegando agli ospiti le noiose faccende stilistiche.

La scaletta migliora sensibilmente man mano che si avvicina alla fine: fa meglio chi la prende piana (Jackson Browne, Mumford & Sons, Spoon) o chi la butta su un sincero rock’n’roll, come Frank Black o la buonanima di Alex Chilton (grandioso per l’ultima volta su Til the End of the Day).  Ma questo, si sarà capito, è un disco affollato, dove spesso vince chi si sgola di più: finito l’ascolto rimane nelle orecchie soprattutto le chitarre sature dei già citati Metallica, dei terribili Jon Bon Jovi e Ritchie Sambora (che ovviamente se la tirano da Celluloid heroes) e del Bruce Springsteen che apre le danze. Un  rock massiccio a prova di radiofrequenze, per farla breve: che è poi il marchio di fabbrica che contraddistingue tutti – ma proprio tutti –  i prodotti di questo tipo, da Santana  a Zucchero, nessuno escluso.

Risultato paradossale, il sound “pesante” tappa tutti i buchi e non si dà più ascolto alle canzoni. Altrimenti qualcuno si sarebbe accorto che, a dispetto del titolo,  la See my friends che un Ray appena ventunenne intonò nel 1965 era in realtà la ballata di un uomo solo: dal cuore spezzato, d’accordo. Ma a volte è quasi meglio così che ritrovarsi in mala compagnia.