DISCO SUCKS!
suggerimenti per la fruizione del tunz tunz meno becero in circolazione
12 luglio 1979, più o meno ai tempi in cui mossi i primi passi sulla crosta terrestre, il disc jockey Steve Dahl faceva esplodere (letteralmente) 10.000 vinili di disco music nell’intervallo di una partita di baseball al Comiskey Park di Chicago. Incitata al grido di “Disco Sucks” una folla entusiasta di “rockettari” bianchi capelloni contribuiva al rogo gettando le proprie inutilizzate copie di vinili disco, dando il via a una sommossa che finì per distruggere non solo i dintorni dello stadio, ma anche la disco music come genere commerciale.
Questo fu solo il più eclatante tentativo di liberarsi in un unico colpo di dj, discoteche, omosessuali e neri; la successiva comparsa del virus AIDS, nei primi anni 80, provocò la morte di molti artisti, produttori, e star che orbitavano intorno al mondo delle discoteche.
La Disco Music invece non si azzardò a prendere il virus e con l’ausilio di nuovi strumenti tecnologici si trasformò in qualcosa di nuovo chiamata House Music dalla quale negli anni ebbero origine un’infinità di sottogeneri.
Mentre negli Usa il nuovo sound rappresentava uno stile di vita legato alle minoranze, in Europa, con la diffusione dell’ecstasy, divenne il rituale di sfogo e svago della massa borghese.
Il resto della storia è ormai di dominio pubblico e non starò qui a fare il petulante maestrino.
In questa rubrica celebreremo ogni mese la rinascita di 10 vinili pronti a prendere fuoco a contatto con la puntina. Tracce che scompaiono per ricomparire e che verranno a cercarvi in qualsiasi suono abbiate deciso di nascondervi. Riconosceteli. Amateli. Ballateli…che forse, tutto sommato, sarebbe stato meglio organizzare un “Rock Sucks”.
Gold Panda – Marriage (Ghostly International)
28enne londinese che dopo essersi fatto notare remixando gente come Caribou, Bloc Party, Zero7, Simian Mobile Disco, The Field, approda al primo disco per la sua etichetta Notown e distribuito anche dall’etichetta digitale Ghostly International.
Prendete i freddi microsuoni dei To Rococo Rot, le divagazioni estatiche di Four Tet e un pizzico di field recordings.
Traccia perfetta per il post sbronza rimediata al matrimonio della vostra cuginetta preferita…
Guti & Dubshape – Every cow has a bird (Crosstown Rebels)
I Dubshape sono una coppia di noti dj che da qualche anno dominano la scena deep house brasiliana.
Guti, invece, è un pianista jazz fin da tenera età che dopo essersi ritrovato a riempire gli stadi argentini con due note rock band locali, approda al mondo del club con risultati sorprendenti. Basso ipnotico, cassa impalpabile, percussioni visionarie, quelle vocine disco che riecheggiano in sottofondo e nella testa.
E su tutto un distratto assolo di Guti, talentuoso e svogliato (come piacciono a noi)
Trickski – Pill Collins (Suol)
Altra coppia di dj trentenni del Sonar Kollektive emersi dalla foresta nera ai confini di Friburgo.
Li’, in quella che viene considerata la Pleasentiville tedesca vengono scoperti nel 2004 dalle attente orecchie di Rainer Truby.
Da bravi cultori di chicche kitch anni 80, prendono un loop da “I’m not moving” di Phil Collins e tirano fuori questa traccia.
Pianetto nu-jazz incastrato su un lento beat house. Da luce soffusa.
Franklin De Costa – Fragile (Curle Recordings)
Sempre dalla Germania. Corpo house mente techno. Il charleston sbuffa come un treno in marcia. Il loop di un piano ipnotico che ci guida sui binari.
Poi tocchi di piano digitale accarezzano il cielo solo un attimo prima di tornare nel tunnel.
Alto potenziale in pista.
Theo Parrish – Stop Bajon (Archive)
Detroit incontra Napoli. Uno dei migliori pezzi del celebre batterista partenopeo Tullio De Piscopo, ingiustamente ricordato solo per il sanremese “Andamento Lento” (ahimè) o al massimo per la storica collaborazione con Pino Daniele (tra l’altro autore di questo brano) e non per capolavori balearic come questo.
Grande successo internazionale già nel 1984, Stop Bajon oggi viene ripreso da Theo Parrish in una prospettiva che sarebbe augurabile per il futuro del jazz elettrico. Atmosfera vagamente esotica sporcata da citazioni acid house. Da segnalare sul lato b la più fedele rilettura di Isoul8 + Mark de Clive-Lowe.
Tornado Wallace – Always Twirling (Delusions Of Grandeur)
Seconda uscita per il giovane produttore australiano sotto il quale si nasconde la già segreta identità di Lewie Day.
Dopo il successo di “Paddlin” torna con questo gioiellino di Detroit house.
808 a manetta. Lo snare lancia in alto gli archi compressi. Bassline usurata, Vocals persi nella nella nebbia e nel fumo. Beat profondi e intensi, buoni sia in pista che in poltrona.
Night Plane – Str8 2 ur heart (Not On Label)
Base deep house infarcita di elementi disco. Chitarrina malandrina. Luce cosmica.
Sul finire raggi di infinite trame teutoniche che sfumano nella nebbia.
E già la chiamano indie house, sarà per il vocal rubato da Fleet Foxes.
A lui piace chiamarlo ketamine blues.
Pepe Bradock- Deep Burnt (KIFSA08)
Julian Auger è un dj e produttore parigino. Il background da chitarrista in diverse band jazz funk riemerge nei suoi lavori.
Questo gioellino del 1999 ad esempio è musicalmente basato su”Little Sunflower” di Freddie Hubbard.
Un tamburello (proprio uno di quelli usati per le tarantelle) scandisce il ritmo.
Qualcosa che svolazza (un foulard?) introduce al profondo battere in 4/4. Sono archi filtrati. Traccia morbidissima da risveglio domenicale.
Lcd soundsystem – Throw (Planet E)
In origine c’era Loleatta Holloway con la sua “Hit and Run”: totally classic disco music.
Poi nel 1994 venne Carl Craig che, campionandone un frammento di basso/batteria, crea un mostro di detroit-techno chiamato “Throw”, universalmente riconosciuto come un classico del genere.
La tecnica sarà ricalcata dai Daft Punk in “Music” che ne faranno un marchio di fabbrica per le successive produzioni.
Il riff di basso rispunta fuori nel 2005 dalle corde del basso di Taylor Pope degli Lcd Soundsystem, che a sopresa durante un concerto, trascina James Murphy & soci in una versione live di “Throw”. Finalmente incisa in studio, esce ora per la Planet E dello stesso Carl Craig.
Suona come la cover di un pezzo techno rifatta da una band di disco-music fine anni 70. Must have!
Michael Ferragosto – Keep house in your mind (Praterei)
Praterei è un’etichetta austriaca che prende il nome dall’omonimo club viennese.
Dopo aver ospitato ottimi nomi all’interno delle loro serate, decidono di celebrarne il successo attraverso una serie di uscite in vinile in tiratura limitata e numerata. Dietro i moniker che firmano le loro uscite ci sono illustri ospiti che hanno deciso di rimanere anonimi.
Come Michael Ferragosto che sforna un 12″ che sembra appartenere al repertorio del Loft o del Paradise Garage.
Un vero tributo ai tempi che furono. Parola d’ordine: old school!