Minks – By The Hedge

Acquista: Data di Uscita: Etichetta: Sito: Voto:
Febbraio 2011 Captured Tracks myspace.com/iamwithcraft

Our Ritual

Perfettamente allineati nell’onda indie-rock from Brooklyn, i Minks aprono By The Hedge con abbondanti chitarre surf e synth riempitivi. Il brand è quello che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni, cori e riprese con riverberi, e tastiere korg spinte all’inverosimile.

Di minuto in minuto si svelano le radici musicali che hanno mixato con le nuove influenze dell’area yankee. I Sonic Youth si sentono più di tutti, e i The Pains Of Being Pure At Heart ci hanno già insegnato bene a gustare il gelato caldo del tappeto Noise/NoWave che esplode negli anni 2.0.

Quando fanno vibrare la ritmica comprimendola con le chitarre sembrano gli MGMT più analogici di Congratulations, gli stessi che hanno copiato l’imprinting sonico da band come Surfer Blood, Real Estate.

La stessa sindrome tropical che hanno i nuovissimi Big Troubles la troviamo in ‘Indian Ocean’, più marcata di quella che i Megapuss hanno consegnato a quelli dall’altra parta del fosso/gap generazionale, la stessa che ha conquistato a quanto pare anche i TheAntlers.

A metà album cominciano a diventare più ruvidi, ammettono le influenze The Cure, e cantano come gli Happy Birthday.

‘Our Ritual’ è notevole, un’incursione nel territorio dei Wild Nothing.
‘Cemetery Rain’ è quasi un plagio dei già citati ThePainsOfBeingPureAtHeart, e dichiara definitivamente la pasta di cui è fatta la band, e soprattutto le sue intenzioni.
Un passaggio molto efficace dell’album è su ‘Bruises’, che rievoca i Best Coast, e gode di una venatura catchy.

Nella carrellata finale del disco, ‘Boys Run Wild’ rompe l’assetto del resto delle tracce introducendo un ritmo più pesante e inaspettati archi, e ‘Juniper’ è un encomiabile tributo ai Galaxie 500.

Missione Compiuta per i Minks nello sferrare l’attacco ad un target così chiaro e consolidato.