Fucked Up – David Comes to Life

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Giugno 2011 Matador FuckedUp

Queen Of Hearts

Il sestetto canadese raggiunge quest’ultima opera dopo un’eterogenea attività a livello di produzioni che li ha portati di volta in volta a sperimentare nuove formule, mischiando la cifra del hardcore con la sinfonia, con la sperimentazione, collezionando in questa maniera una serie di dischi notevoli come gli ultimi “Hidden World” e “Chemistry Of Common Life”.

Questi avevano ottimamente mostrato come una band essenzialmente punk\hardcore può fondere nel suo sistema di composizione elementi che vengono dalla musica rock più classica, dal gusto lo-fi, dalla scena indie-pop e dal post-rock.
Oggi vengono avanti con un nuovo obiettivo creativo, che appare linearmente la prosecuzione di quello già fatto finora.

David comes to life narra di David, triste operaio di una fabbrica di lampadine di una città forse lontana forse immaginaria. Incontra una ragazza ribelle di cui si innamora. Lei morirà in uno scontro d’armi da fuoco e lui sarà indiziato come colpevole. Per provare la sua innocenza inizia la sfida, poi dovrà arrivare il momento di ritrovare l’amore per la vita e superare la perdita dell’amata. Il racconto della sua vita (o meglio parte di essa) viene sviluppato in diciotto composizioni, distinguibili in 4 fasi ideali riconducibili alle diverse parti della narrazione.
L’apertura di Let her rest è un’alba elettrica di sfumature elettromagnetiche. Piccola quiete mattutina prima dell’attacco di Queen of Hearts che da il primo colpo alla velocità del disco: duetto a due voci, maschile in chiaro timbro hardcore (che non cambierà per l’intero disco) e voce femminile in una corsa immaginifica con un Springsteen sotto speed.

Si passa da momenti più virati all’emo anni ’90, per poi tornare a tracce chiaramente più americane nel loro gusto rock tradizionale o al massimo hard rock di carattere sudista (Running on Nothing).

Appaiono come fuggevoli illusioni i riferimenti agli Husker Du o a certi sixties, oppure al gusto più NY dell’ hardcore moderno (Agnostic Front o Madball): centrifugate e spianate manterranno un tessuto omogeneo senza scalini negativi.

Non si può certo rifuggire ad una parola necessaria per definire la volontà artistica dietro quest’ultimo disco dei Fucked Up: Rock Opera.
L’idea di rock opera che possiamo applicare come punto fermo a Tommy del 1969 e parallelamente al gruppo punk\oi! Sham69 con That’s life del 1978 (in questo caso punk-rock opera) è un’identità musicale molto particolare in termini di ambizioni e di composizione.

In entrambi i casi sopra citati parliamo di dischi che mantengono una linearità narrativa e musicale ben definita, rendendo l’opera un unicum per l’ascoltatore. Al loro interno troviamo passaggi meta-teatrali\cinematografici o sperimentazioni varie che portano l’audience ad un “immaginario totale” nei confronti della storia evidenziata nel disco.

Rimane per me sempre sospesa la questione delle vocals. Il gusto hardcore puro dietro a queste stona non con l’idea o l’ambizione del disco, ma con i riferimenti di rock classico che troviamo nel disco stesso.
È comunque chiaro che abbiamo di fronte un bel passo in avanti per una band che ha sempre mostrato vitalità creativa ed originalità.