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24 Gennaio 2012 | City Slang | Nada Surf |
Non ho molta simpatia per chi abusa del termine indie-rock in senso dispregiativo, né per chi generalizza: credo fermamente nei riferimenti. Proprio per questo motivo istituirei nelle scuole un’oretta didattica che intitolerei “Ninties noise”. Capitolo Pavement, paragrafo “Here” o “Summer Babe”, tanto per ricordarci chi siamo e da dove veniamo – anche in senso mistico ovviamente – e per ricordarci inoltre quanto le stelle rimangano tali, qualsiasi farlocco appellativo la stampa specializzata in packaging per l’hipster medio voglia rifilarci. Il padre di Mattew Caws, al quale va addebitato il titolo dell’albo (pare sia un suo detto) credo sarebbe d’accordo. Detto questo, “The stars are indifferent to astronomy” è uno splendido esercizio di indie-rock. Di quello vero.
Personalmente, non avendo digerito tanto il disco di cover If I Had a Hi-Fi, e mostrato sorrisi di facciata ai due album di inediti precedenti (seppur di buona fattura, sia chiaro) ad oggi mi scoprivo orfano di quel Let Go che nel 2002 scaldò i miei primissimi giorni invernali. Oggi finalmente, a dieci anni di distanza, ritrovo quei surfisti capaci di aprire un albo alzando il proverbiale muro invalicabile di chitarre e melodia “Clear eye clouded mind” per poi esplodere in perle struggenti dalle liriche aderenti alle tematiche che tanto piacciono alla band di New York. Una vera collana di pop song capaci di raccontare la difficoltà insita nella crescita individuale “When i was young” “Teenage dreams”, cercando spunti di riflessione e gioia nei gesti quotidiani “Wating for smething” senza mai dimenticare quanto possa essere determinante il sentimento “Looking through”, specie se al capolinea. Tutto finisce, l’importante è come.
Un racconto appassionato e credibile, sorretto dallo spirito incrollabile di quelle influenze – Pavement, Teenage Funclub, Replacements su tutte – che dall’alto sembrano voler pilotare questi ragazzi verso il paradiso indie, ancora una volta, quello vero.