Stroncatoio #7: Misfits – Kathleen Edwards

Lo Stroncatoio
Un nuovo modo per selezionare la tanta (troppa) roba che esce, per distinguere tra birra e borra: lo stroncatoio, i dischi che fanno schiuma ma non sono sapone.

Misfits – The Devil’s Rain

Ottobre 2011 – Misfits Records – Orodiscopo: Truce – Pezzo: The Devil’s Rain

Alessandro Rossi – Sebbene Jerry Only abbia acquistato i diritti sul marchio Misfits da 17 anni – era il 1995- è oltremodo evidente quanto in tutto questo tempo non abbia capito minimamente cosa significhi quell’effige. Per la precisione è da American Psycho che ci rifila paccottiglia pop-punk americana da sfoggiare esculusivamente la notte di Halloween, e noi per rispetto a Walk among us e Earth AD/Wolfsblood sopportiamo (Anche se quella era un’altra band e lo sappiamo tutti), ma ora il tempo è veramente scaduto. Devil’s rain (Ma per favore!) non fa eccezione. Aumenta il tasso heavy, aumentano le nonnine che potranno assoldare i fantastici tre la notte del 31 ottobre, spettacolo privato o per le famiglie, apple pie, dolcetti e buon umore!. Diminuiscono i fan. Quando parecchi anni fa ascoltai i Misfits per la prima volta ebbi l’impressione di essere al cospetto di un gruppo di punk deviati per la cultura sci-fi, e benchè non abbia mai creduto un solo secondo in questa band, pezzi ossessivamente punk come “20 eyes” erano davvero una sfumatura inesplorata in quel contesto. Oggi se qualcuno per natale mi regalasse Devil’s rain, non solo sbaglierebbe occasione, ma mi darebbe gli strumenti di paragone per rielaborare opere come “Fivelandia” . Quelle si che erano colonne sonore. SVR: 1-1-1 – totale: 3

Kathleen Edwards – Voyageur

Gennaio 2012 – Concord Records – Orodiscopo: Barba – Pezzo: Chameleon Comedian

Silvio Battaglia – La musica americana e il viaggio. Il perenne sradicamento e l’appartenenza, la linfa vitale di chi si sente reciso, e tuttavia pronto ad abbracciare l’orizzonte. Piacerebbe usare queste chiavi interpretative per discutere Voyageur, il disco dello sdoganamento di una ragazza pulita e gentile che dal Canada era andata inanellando album inizialmente notevoli (Failer) e poi sempre più inamidati (Asking for Flowers). Piacerebbe ma non possiamo, perché di un’ennesima via inoffensiva alla dolcezza non si sentiva il bisogno. A poco serve rivendicare la dedizione di Kathleen alle forme del folk; Cat Power dal suo prepensionamento e Laura Veirs dal suo instancabile lavorio sanno fare molto meglio, senza che la leggerezza ne scapiti. La voce della Edwards non resta, questo è il punto, nonostante gli sforzi del compagno Bon Iver. Salviamo una chameleon/comedian che giustamente è stata adocchiata da produttori di importanti serie tv, e la nostalgica for the record, che approssima con qualche speranza il Neil Young scontroso degli anni settanta. Non c’è molto altro però su cui soffermarsi, visto che il pathos si ridicolizza in A soft place to land e Going to Hell, si scaldano inutilmente i motori in Change the Sheets e si vanifica una bella strofa in sidecar. Questo è pop folk per far sospirare le preadolescenti, compitato con qualche eleganza; rimandiamo al capitolo Beth Orton per ulteriori spiegazioni. SVR: 2-1-1 – totale: 4