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17 gennaio 2012 | Sony Music | Litfiba.net | ![]() |
La speranza che l’auspicata reunion di Ghigo Renzulli e Piero Pelù potesse essere foriera di nuove meraviglie discografiche si era già infranta contro due scogli al’altezza del 2010, noti come Barcollo e Sole Nero. Il problema dei Litfiba non era la scissione, ma evidentemente una certa mancanza di nuovi stimoli creativi. Però sai, uno si dice, magari i due vanno in tour, ritrovano lo spirito di un tempo, e magari non tireranno fuori i capolavori del passato, ma qualcosa dalle parti di Infinito poteva anche essere auspicabile? No.
Taglierò corto: ci si aspetta ovviamente che un disco dei Litfiba sia ben suonato e ben prodotto. Oltre a questo però, considerato che ci troviamo davanti al primo LP prodotto in studio dopo la tanto attesa reunion, sarebbe stato giusto pretendere qualcosa di più. E invece con il singolo Squalo, scelto come apripista per la promozione di questo nuovo “Grande Nazione”, siamo dalle parti del Toroloco, e forse anche un po’ peggio, dato che almeno il Toroloco aveva il crisma del tormentone radiofonico. Chiedo scusa, ma il singolo Squalo presenta delle frasi talmente poco ispirate che anche il fan più incallito dei Litfiba difficilmente riesce a digerire, su una base che è una collezione di luoghi comuni della band. Meglio avviene in Elettrica, dove la classica figura della donna dark, un po’ groupie-sciamana e un po’ eroina è evocata con grazia e onestà. Poi c’è Brado, che a 2:25 ha una zampata niente male (ma poco altro). O ancora La Mia Valigia, che è una ballata morbida, semplice e ben riuscita. Il purgatorio se lo aggiudica la title-track Grande Nazione, che riesce a parlare di attualità con la giusta verve, sarcastica e semplice.
Dall’altra parte ci sono brani come Fiesta Tosta (“il bunga-bu, bunga-bu, bunga-bu si si dà da fare …ah ah ah ! entra nella festa è una fiesta tosta”), o Tutti Buoni, che sebbene nelle intenzioni siano giustamente amareggiati per le vicende politiche recenti, finiscono per risultare retorici, fuori tempo massimo e bolsi sia nei toni che nella capacità di analisi e verve provocatoria. Luna Dark è come Sole Nero, una ballad orecchiabile, ma non certo memorabile. Anarcoide non sembra male, finché non arriva la linea “uso la mia testa, sono un rompicoglioni” o ancora “sono pacifista mai masochista, […] sono un libertario/ sto sul mio binario” ed è proprio allora che desideri ardentemente che arrivi Luca Persico a dirti qualcosa di un po’ più vero. Ma è solo quando arriva il ritornello “voglio energia pura energia, contro ogni forma di ipocrisia” e a seguire “due più due farà sempre quattro, ma può fare tre o cinque” che decidi che è ora di tagliar corto e di ammettere quello che sapevi già dall’inizio: i Litfiba sono finiti nel ‘99.
Per cui meglio farsi una bella risata e prendere quello che c’è qui come una cosa al di là del bene e del male. E magari anche andarli a vedere dal vivo, i Litfiba col pilota automatico, con un bel bottiglione di vino, facendo finta che ci sia ancora la Democrazia Cristiana al potere: che il gusto ci guadagna.