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16 Dicembre 2011 | RareNoise | RareNoise | ![]() |
Il problema posto sempre dai giornalisti musicali riguardo l’impossibilità e l’inutilità di analizzare, con una griglia razionale, tutti gli album che vengono proposti, è lampante in questo caso. Non devono esistere griglie o sistemi di giudizio matematici e\o teoretici a prescindere, sarebbe come imbrigliare in una rete di pregiudizi l’infinità delle sensazioni e dei sogni.
Quest’album sottolinea la questione. Opera di incontro di mani e cervelli di tre artisti interessanti, ci fa conoscere l’unione fra Harold Budd, Robin Guthrie e Eraldo Bernocchi. Guthrie, per chi fosse esiliato da questo pianeta, è stato il chitarrista dei Cocteau Twins, band sotto 4AD che inseguiva sogni indecifrabili in trame oscure rasenti la wave e il dream pop, Budd è un pianista contemporaneo, già collaboratore dei Cocteau Twins e di Brian Eno. Infine, l’unico italiano è stato uno dei maestri della scena industriale italiana nei primi ’80 con i Sigillum S, per poi spaziare in altri progetti come gli Obake (con Massimo Pupillo degli Zu), e collaborazioni internazionali con Bill Laswell e Tony Wakeford (Sol Invictus).
“Winter Garden” si muove tra le pieghe e le curve cerebrali dei tre artisti. Si costruisce di secondo in secondo, di fotogramma in fotogramma, tralasciando la nitidezza o la messa a fuoco. Manca un principio e una fine.
Ma non è un semplice esercizio di stile, un ennesimo figlio inutile dell’ambient.
È una decostruzione attenta dello scenario materiale, alla ricerca del suono più minimale ed essenziale nella sua emotività. La linearità ed omogeneità del disco vivono di una totalità contestuale, che non vuole chiudersi in semplice melodia.
Se qualcuno vorrà ovviarlo “solo” in un artistico sbadiglio, avrà perso il gusto ideale che segue il disco, difficile per certi versi ma sintesi perfetta in sé.