Kap Bambino – Devotion

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Bordeaux Teenage Riot? La prima volta che ho ascoltato Kap Bambino, arrabbiato duo francese in preda ad un bellicoso delirio electro-punk, ho pensato ad una versione hipster degli Atari guidati dal terrorista Alec Empire. Le presentazioni erano di per sé interessanti. Lei, modella per caso, cresciuta immersa nella coltre psych-noise dei Sonic Youth; lui, introverso demiurgo al pc annichilito dalla techno di Detroit.

Non ci volle molto per capire che la lacerante protesta politica che animava il collettivo hardcore techno più famoso dei Novanta, aveva in realtà poco da spartire con la frustrazione tutta adolescenziale di Kap Bambino. La rabbia di una generazione che ha tutto ma percepisce il baratro. Le molotov lanciate del cortile della propria villetta, non per gioco, ma per provare. È lo specchio di una società che si ribella nei locali di tendenza, ma non per questo soffre di meno la propria alienazione. Caroline Martial ed Orion Bouvier diventano l’emblema di una gioventù impegnata in una corsa sfrenata verso il Nulla, troppo veloce anche per guardarsi attorno e troppo spietata per consentire di fermarsi, di scendere dalla giostra.

Non resta che gridare, dimenarsi, macinare decibel in cerca di una via di fuga, in cerca di quel Nirvana che se veramente avvicinato non può che portare all’autodistruzione. Allora tanto vale agghindarsi a dovere e giocare. E maturare: perché dopo manrovesci elettronici scoppiettanti Kap Bambino cristallizza, in parte, la rabbia, sputando quell’anima showgaze che era rimasta in disparte al rave party, mostrando nell’ultimo lavoro “Devotion” una sensibilità finora celata. Crollano i Crystal Castle, vengono fagocitati da una chiavetta usb i torpori dei Klaxons, cresce la voglia di sperimentare, magari togliendo il piede dall’acceleratore. Si raggiungesse la spietatezza horrorifica dei These New Puritans, i piccoli sovversivi di Bordeaux potrebbero delineare un percorso minato quanto interessante. E siccome dal vivo, suonano ancora meglio di quello che promettono su disco, una certa monotonia latente sulla lunga distanza ed una cifra stilistica ancora in via di definizione, si possono (per ora) perdonare a questa ultima fatica. Questione di devozione.