Tiga – Non Stop

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Tiga, dj canadese, classe ’74, da bambino deve aver preso sonno ascoltando Trans Europe Express o deve aver scambiato i primi baci sulle note di Dancing With Tears In My Eyes. Spiegherei così l’innata passione per i fantastici eighties. Nella corsa al revival, scatenatasi vent’anni dopo, portatrice di parecchie cose interessanti e altrettante nefandezze, si era distinto dalla massa di “scopiacciatori”  per qualità, originalità e il tentativo di conciliare Synth-pop e house.

Tentativo approfondito nel suo secondo album del 2009 Ciao!. Poi tre anni di silenzio nei quali ha convogliato, non convincendo, i suoi istinti più rave nel progetto ZZT con Zombie Nation e si è dedicato a produrre altri artisti attraverso la sua etichetta Turbo Recordings. Quasi avesse anticipato il cambiamento d’aria, quasi volesse lasciare il lavoro sporco agli altri. Oggi rompe il silenzio con Non Stop, mix album contenente 3 brani inediti, frutto di anni di dj set nei più importanti club del mondo. La prima cosa che viene in mente è l’altro mix album della serie Dj Kicks risalente al 2002 nel quale il giovane (musicalmente parlando) Tiga dava in pasto alla pista quello che tutti chiedevano ai tempi: roba alla francese. Le timide aperture alla techno lasciavano e lasciano, ancor più oggi, a desiderare (vedi l’accopiata SwayzakManier nel finale). Ammetto che ascoltando la prima traccia di Non Stop (Swingin’ Party) ero carico di pregiudizi: soliti coretti, solito revival e la paura che, dieci anni dopo, Tiga si sia fermato ai Daft Punk.

Poi accade quello che non ti aspetti. Al minuto cinque circa entra il classico sound acido, riconosco Aphex Twin. Da lì in poi il mix prende un’ altra piega. Tiga è rimasto tutt’altro che fermo, si destreggia fra techno, house e pop attingendo ad un repertorio che va da Blawan a Jaques Green con buona pace di chi reclamava nuovamente Chromeo. Non passa inosservato neanche il nostrano Marco Carola al cui minimalismo Tiga sovrappone saggiamente i Bassi potenti di Adam Marshall riuscendo a creare una pacifica convivenza fra due mondi completamenti diversi. I tre inediti rappresentano forse la parte meno innovativa dell’ album nonostante anch’essi segnino un distacco forte dal vecchio electro-pop. Il singolo Plush non a caso nasce dalla collaborazione con uno che di techno e anni ’80 se ne intende:  Matthew Dear.

Certamente non bastano 70 minuti di buon mix per poter dire di essere tornati a grandi livelli. Per ora il dj canadese ha salvato la faccia. Ma lo aspettiamo al varco col prossimo album di inediti. Le buone premesse ci sono tutte.