Camera Obscura – Desire Lines

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Quattro anni fa i Camera Obscura ci lasciarono con quel pezzone da 90 che era French Navy, un mix devastante  e – forse eccessivamente- catchy tra Morrisey e The Magnetic Fields. E ci lasciarono nel peggiore dei modi, tra indecisioni e la possibilità di una definitiva rottura a causa di mille problemi personali, tra i quali anche il cancro di Carey Lander. Quest’anno però, anno in cui la coppietta strappalacrime del video di French Navy – stando a fonti tutt’altro che certe – si è sposata, decidono di tornare in scena e lo fanno specchiandosi in questa fresca maturità appena acquisita, – anche se spesso la maturità possa coincidere con una rilassante e mistificatoria monotonia -. Ed è questa, infatti, la trappola in cui cadono i nostri cari scozzesi. Dopo una Intro che sembra la colonna sonora di Gay Ingenui – e se non sapete di cosa stia parlando, vi potete definire delle persone mentalmente sane –, parte la sfilata.

Lo charme parigino di cui trasudano le undici canzoni è sempre di gran classe, tanto che il maestoso luccichìo sarebbe in grado di mascherare le più grandi povertà e proprie difettosità. Ma per essere eleganti in una serata di gala, non ci si deve permettere il ghiribizzo di azzardare, altrimenti si rischia lo scherno degli altolocati tutt’in tiro. Per questo non aspettatevi le chitarre strozzate di Suspended from Class, o il piglio arioso di Books Written for Girls. Ci troviamo piuttosto in un disco che manca di un equilibrio esterno pur essendo calibrato alla prefazione dall’interno: si possono sentire le varie stratificazioni strumentali adagiarsi delicatamente sopra la voce di Tracyanne Campbell, ma queste non riescono a trovare un perfetto equilibrio con ciò che è al di fuori.

Un disco di classe, sì, ma non di più. Va però fatto notare come, nonostante ciò, i Camera Obscura anche qui abbiano buttato qualcosa di veramente buono: I Missed Your Party, che tira giù una lista di ottime occupazioni improvvisate per evitare in tutta gioia vari festicciole scomode (I listen to Billy Joel, I watch Flashdance again, I’m going to get through Walt Whitman, I’m going to be in bed by ten); il pop gustoso di Do It Again, e Break It to You Gently – nonostante l’attacco del synth eighties sia spiccicato a My Heart Skips a Beat dei TOY. E poi, dulcis in fundo, sul pezzo che dà il tiolo al disco, Desire Lines, le anime quiete di Underachievers Please Try Harder vengono riesumate e donano a tutti noi un tuffo nel passato non indifferente. Ciò che era grazia oggi è corrente di risacca, cantano. Ma è un processo irreversibile e del tutto spontaneo, come lungo quelle vie dove a lungo si è camminato – appunto desire lines (o paths) – dove oggi non cresce più erba,  ma appassisce solo ciò che è stato.

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