Beach Fossils @ Circolo degli Artisti (Roma) – 11/09/2013

ATTITUDINE E VISUAL: Ripartono le FSNCPS Live Experience, appuntamenti romani all’insegna delle novità in campo indie-alternative (con quel tocco di hipsteria che piace tanto a chi hipster non è), portando sul palco del Circolo i newyorkesi Beach Fossils e il loro dream-pop decadente che dal vivo tira fuori una vena punk non proprio scontatissima. Del resto, il quartetto capitanato da Dustin Payseur è noto per i suoi concerti piuttosto sfascioni, ma almeno una camicia a fiori sul palco te l’aspetteresti, e invece niente: il nero è il colore predominante, in sintonia con lo spirito combattivo di Clash The Truth, ultimo disco della band. Dustin è un Guybrush Threepwood che si agita in tutta la sua dinoccolatezza davanti all’impassibile Tommy Gardner (batterista, co-autore di alcuni brani) e si rovescia di continuo su quel capellone improbabile di Davidson, responsabile delle parti jangle alla chitarra. Scherza con il pubblico e si vede che ci tiene a non fare la figura del fighetto schizzinoso, scendendo addirittura tra le prime file sul finale di ‘Clash The Truth’.

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AUDIO: Uno dei luoghi comuni sul Circolo degli Artisti è che se un gruppo non si porta dietro il proprio fonico, non si sente granché. Aldilà dell’assenza di qualsivoglia fondamento scientifico che è caratteristica vitale dei luoghi comuni, i Beach si sono montati il palco da soli, quindi viene da dubitare che avessero un proprio fonico, e si è sentito male. Non che fosse un concerto da ascoltare in hi-fi, ma di tanto in tanto si aveva la sensazione che venisse suonata sempre la stessa canzone, essendo le sfumature melodiche pressoché impercettibili. Se a questo si aggiunge anche un po’ di fiacchezza/scoglionamento nell’esecuzione, è facile immaginare che la resa non sia stata proprio entusiasmante. Ancora più affetti dalla scarsa qualità audio sono stati gli Alpinismo, band romana che ha aperto il concerto: la voce indistinguibile su un marasma chitarristico aggravava l’atmosfera da serata liceale.

SETLIST: i Beach Fossils hanno attinto equamente dal loro omonimo esordio, dall’ep What A Pleasure e dall’ultimo disco, riproponendo quella che sembra la scaletta fissa di questo tour: hanno aperto abbastanza mosciamente con ‘Birthday’, poi hanno proseguito con le inseparabili ‘ Moments’ e ‘What A Pleasure’. Con l’accoppiata forte-piano di ‘Generational Synthetic’ e ‘Taking Off’ si è vivacizzata la situazione, che è decollata finalmente con la tripletta ‘Clash The Truth’, ‘Burn You Down’ e ‘Calyer’, cavallo di battaglia dei loro live. L’encore è consistito in ‘Crashed Out’ e ’12 Roses’, che viene tirata lunga e distorta per accompagnare la predica terminale di Dustin probabilmente molto saggia, ma di cui si è intuito solo un “fuck” ogni tanto. È mancata ‘Caustic Cross’, uno dei brani migliori di Clash The Truth.

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MOMENTO MIGLIORE: ‘Generational Synthetic’ è un gran pezzo, ed è arrivato quasi a sorpresa a metà concerto, visto che uno se l’aspetterebbe o all’inizio o alla fine. Con quel filo di rabbia che caratterizza i Beach  dal vivo è anche più credibile che su disco.

PUBBLICO: Non per fare un discorso da “‘sti giovani d’oggi”…ma perché un quindicenne sotto al palco di un concerto godibile, quando il cantante gli si butta addosso cantando tra le prime file come Dustin ha fatto, non trova niente di meglio da fare che scattargli una foto facendo attenzione che non si rovesci il cocktail rosa-verde che tiene spocchiosamente con la mano sinistra? Ci sarebbero mille risposte molto ragionevoli, ma mi limito a constatare che quel minimo di pogo che ci si sarebbe potuti immaginare sotto al palco non c’era, e anche i Beach hanno provato a far notare che ci si poteva muovere, che non c’era bisogno di stare fermi impalati. Ma cosa ne sarebbe stato delle perfette messe in piega degli astanti? Senza contare che la sala del Circolo non era propriamente strapiena: i tipici transumanti che inspiegabilmente continuano a fare avanti e indietro durante i concerti avevano addirittura lo spazio per passare indisturba(n)ti.

LOCURA: Dustin che si butta dal palco e non si spezza: la resistenza degli smilzi.

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CONCLUSIONI: Dopo aver tanto sentito parlare dei live pazzeschi dei Beach Fossils, questo di Roma sembrerebbe essere stato un timido approdo ad un pubblico forse un po’ diverso da quello che di solito i quattro incontrano a Brooklyn. Ma comunque va considerata anche la stanchezza da tour che per le giovani band senza grossi finanziatori alle spalle sono più una prova di sopravvivenza che un tripudio sconvolgente. È stata in ogni caso un’opportunità per ascoltare uno dei tanti piccoli miracoli della Captured Tracks, per farne un po’ parte.