Glasvegas: “Suoni semplici, crudi, intimi”

Al loro terzo album i Glasvegas si rivelano per quello che veramente sono, finalmente liberi dalle mani della Sony: un intimo sguardo sulla quotidianità. Dopo un cambio stilistico avvenuto con il secondo album EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\, si torna ai tempi degli esordi, quelli che facevano venire la pelle d’oca, quelli di Daddy’s Gone – per noi loro apice -, quelli che in pochissimo li videro ai primi posti delle classifiche musicali britanniche. Noi per celebrare la loro uscita settembrina ci siamo fatti una chiacchierata con il cantante James Allen.

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Quindi… Eccoci con James Allen, cantante dei Glasvegas. Piacere di conoscerti James. 
Ciao Fabio, come va?

Tutto bene. Iniziamo subito. Vorremmo sapere qualcosa in più riguardo quest’ultimo disco (dal titolo Later… When the TV Turns to Static N.d.R), e vorrei iniziare chiedendoti qualcosa a proposito del processo di scrittura delle canzoni. La gran parte delle canzoni del disco precedente, infatti, vennero scritte in America, a Santa Monica, California. Per questo nuovo disco, invece, siete tornati in Scozia… un po’ come un ritorno in patria. L’essere nuovamente a casa ha influenzato in qualche maniera la scrittura dei pezzi?
Sì… Credo che essere stati a Glasgow in quel periodo abbia sicuramente influenzato le nostre canzoni, la scrittura  e il sound. Comunque ritengo che sia difficile dire esattamente in quale maniera ciò abbia influenzato effettivamente il processo compositivo. Credo che ovunque tu sia, se stai facendo qualcosa di creativo, ciò che ti circonda ha un forte impatto su ciò che vai componendo. Anche se è difficile dire specificamente in quale maniera, no?

Sì, mi trovi decisamente d’accordo. So che il nome dell’album sarebbe dovuto essere Whoever Shouts the Loudest, ma dopo avete deciso di cambiarlo nel definitivo Later… When The TV Turns To Static. Perché avete preso questa decisione? E quale è l’idea e l’ispirazione che vi ha portati a questo nuovo titolo?
No, guarda, l’album non si è mai chiamato in quella maniera. In poche parole  la rivista NME, mi chiamò per un’intervista telefonica e è successo che non hanno prestato molto orecchio a ciò che andavo dicendo: hanno male interpretato le mie parole. E da qui è nato l’equivoco. Dopo abbiamo detto a quelli di NME “Guardate, c’è un errore. Questo non è il nome dell’album”; in seguito a ciò la NME se ne esce pubblicando un articolo in cui si dice “la band ha cambiato il nome del disco”. Ma in realtà non l’abbiamo mai cambiato, semplicemente non è mai stato quello.

È stato una trucchetto giornalistico.
Sì, esattamente, Fabio.

Eh sì, lo so bene come funzionano queste cose. Qual è stata comunque l’inspirazione che vi ha portato a scegliere questo titolo, che oltre a essere il nome del disco è anche il nome di una canzone che vi è contenuta? Canzone che, non so se concordi, suona come una sorta di ballad per gente solitaria… qualcosa del genere, no? Puoi dirmi qualcosa a tal riguardo?
Sì. Credo che questo titolo racchiuda la visione di un paio di canzoni, che è insomma solo una parte del lavoro. Il titolo comunque mi fa pensare a un qualcosa di asimmetrico, isolato, non parallelo, rotto… e io credo che parte di queste energie che questo tipo di immagini e atmosfere mi evocano, corrano attraverso tutto il disco.

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Nel singolo If canti I’m on the road to somewhere, cambiando il popolare verso dei Talking Heads We’re on a road to nowhere. E coerentemente in I’d Rather Be Dead (Than Be with You) aggiungi Everybody’s departing from something, going from A to B. Questo passaggio, il cambiamento, è uno dei temi principali del nuovo disco?
No, non ho mai pensato a questo collegamento ad essere sincero. Ma credo che tu abbia in ogni caso ragione. È davvero una grande e bellissima occasione poter parlare con altre persone, come adesso qui con te, del disco… scopro sempre nuove cose sul modo in cui viene recepito, e magari ascoltato. Ti ringrazio (Ride N.d.R) perché anch’io imparo, di volta in volta, cose nuove su ciò che io stesso ho creato.

urlHo visto che questo nuovo disco avete deciso di autoprodurlo (i loro dischi precedenti sono stati pubblicati con la Columbia Records N.d.R). È una scelta davvero importante. Come ci siete arrivati?
Ho creduto che le canzoni avessero bisogno di suoni semplici, crudi, intimi. Ho pensato che questo fosse il momento giusto per produrre da noi il nostro disco. Siamo sempre stati molto attivi nella produzione dei nostri lavori. Io stesso infatti ho co-prodotto il primo disco. E… sì abbiamo pensato che questo fosse il momento adatto per andare ancora più avanti. È solo un grande divertimento. Ci divertiamo tantissimo. Ci sono ovviamente vantaggi e svantaggi, come in ogni cosa. Sapevamo cosa richiedevano le nostre canzoni, sapevamo come lavorarci.

Una delle mie canzoni preferite nel disco è Choices. Io la interpreto come una canzone sulla speranza. Concordi?
Sì, lo credo anch’io. Molte persone credono l’opposto: in molti mi hanno chiesto se sia una canzone riguardante il suicidio, o cose del genere. Ma io ho sempre avuto la tua stessa opinione su questa canzone: è una canzone sulla speranza.

Sì, infatti. Per me questa è l’unica maniera nella quale la si può intendere. Un’altra canzone che davvero mi piace di questo nuovo disco è Secret Truth. La considera una delle migliori. Puoi dirmi qualcosa in più su questa canzone?
Non credo sia la mia preferita, la mia preferita è… Raramente mi capita di ascoltare musica, e tanto meno musica dei Glasvegas, e pensare che sia musica triste. Non sono mai triste quando ascolto musica, ma Secret Truth sì, mi fa sentire giù, è una canzone davvero malinconica. Ha una natura disperata. Ma ne vado fiero.

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Nel video della canzone If vi recita l’attore William Shatner, famoso per il suo ruolo di Capitano Kirk della saga Star Trek. Come è venuta fuori l’idea di prenderlo a recitare nel vostro video?
Mmm… è stato quando abbiamo suonato in uno show televisivo in California (The Late Late Show with Craig Ferguson N.d.R). Lui qui ci introdusse come se fosse un nostro grande fan. Solamente dopo però abbiamo pensato che sarebbe stato divertente averlo nel nostro video.

La maggior parte delle vostre canzoni sembrano essere perfette per essere suonate live. Canzoni epiche, che il pubblico prova gusto a cantare. Pensi mai a questo aspetto quando scrivi le canzoni, o no?
No, non ci ho mai pensato. Non so bene a cosa penso. E più una cosa spontanea. Non penso mai quando compongo. Normalmente quando scrivo capita che, prima di registrarle definitivamente, le proviamo tutti insieme, come una band, ovvio. Le suoniamo dal vivo insieme, soli e chiusi in una stanza. Ed è da qui che iniziano a prendere forma per i live.

Ieri a Milano (concerto tenutosi il 19 settembre a Santeria N.d.R.) avete riproposto in versione acustica l’ultimo disco. Com’è per voi suonare in acustico? Vi piace come esperienza?
Sì, sì. Mi piace perché quando togli via alcuni strumenti e suoni, rimanendo con il minimo necessario, chitarra e voce, spesso capisci meglio di cosa voglia parlare la canzone e quale sentimento esprima, no? Quindi sì, assolutamente, mi piace!

Adesso cosa viene per voi? Ora siete in tour, facendo promozione al disco… Insomma, cosa sta per accadere?
Si faremo un tour in Europa, America, UK e Scandinavia. E speriamo di trovare un po’ di tempo per scrivere nuove canzoni.

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In che rapporto siete con gli Stati Uniti? Perché quando si parla della Scozia, l’America sembra sempre essere qualcosa di molto differente e lontano. Quindi vorrei sapere cosa ne pensi della cultura americana e del suo pubblico?
Il mio rapporto con l’America è probabilmente molto legato alla mia giovinezza, a quella cultura che mi son fatto attraverso i film che vedevo quando ero più piccolo, nella stessa maniera in cui guardavo il football italiano e immaginavo un giorno di essere a Milano, da qualche parte in Italia… Da ragazzo guardai Stand By Me e altri film e fantasticavo, appunto, di essere in America un giorno. Raramente sono uscito fuori da Glasgow prima di fondare i Glasvegas. E essere in una band mi ha permesso e mi permette di visitare tanti posti che non avrei mai creduto di poter vedere. Adoro andare in America, essere esposto alla maniera in cui la gente lì si muove. Credo che quando lo fai… quando entri in nuove culture….  questo ti renda meno duro nei tuoi giudizi, più morbido.

Io sono un grande amante dello Scotch Whisky, specialmente quello affumicato. Potresti dirmi quali sono i tuoi preferiti, ovviamente se ti piace?
Laphroaig?

Ok, andiamo d’accordo. Per me Laphroaig ma anche Ardbeg. Grazie di tutto, ci vediamo al concerto a Milano in Novembre. Sarò sicuramente lì. Buona fortuna e un saluto a tutto il resto della band.
Grazie mille Fabio. A presto.

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Un grazie particolare a Fabio Luzietti di Radio Città Futura e Giorgio Papitto per le domande e Laura Beschi di Ja.La.