Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
25/03/2014 | Mute | liarsliarsliars.com |
Interessante discutere di pasticci o presunti tali: così tanto per scherzare, come a manifestare un certo timore nei confronti di qualcosa che pulsa e che potrebbe far storcere il naso a quella schiera di radical-chic per i quali risulta inconcepibile qualcosa di diverso dal classico incedere “intellettual-schizzoide” dei nostri, cioè l’unico finora. Come quella volta che: “Ci siamo voluti divertire veramente con l’istinto”, scoprendosi “umani” al settimo album, aprendo una discussione in seno alla schiera dei fan duri e puri della band. Mess è un’altra cosa, ma per davvero. In barba alle paranoie affrontate durante le registrazioni dei precedenti lavori, la band di Angus Andrew sembra davvero slegata da se stessa, in viaggio verso qualcosa di gratificante nell’ottica brada della composizione priva di sovrastrutture intellettuali: questa volta davvero riconciliabile al Mute (Records) pensiero.
Ne viene fuori un gruppo di lavoro ampliato dal riconoscimento dei sintetizzatori come membri fisici della band, concessione liberatoria che probabilmente sarà stata estesa anche al di fuori della sala prove: chi non vorrebbe uscire a farsi una birra con un moog?. “Take my pants off, use my socks, smell my socks, eat my face off” – da Mask Maker Ndr- tutte pratiche inutili dal punto di vista dell’androide che le declama; duro, mentre il synth comincia il suo lavoro ossessivo ai fianchi, e le bordate uber-elettro della successiva ‘Vox Tuned D.E.D.’ ci spiattellano il leitmotiv dell’album, qui in Kasabian-sauce. Una massa spessa ed elettrificata alla continua ricerca di un consistente aumento di peso specifico – Pro Anti Anti – tramite l’uso marziale di una strumentazione – passi l’inutile singolo ballereccio ‘Mess On A Mission‘ Ndr – capace di edificare territori oscuri, a volte splendidamente Techno – Darkslide -; una landa desolata- specie nella seconda parte Ndr – nella quale riflettere sulle dinamiche d’isolamento sociale, arrivando a chiedersi se davvero esiste un posto in questo mondo nel quale valga la pena morire.
Alla fine, rimane quel gesto istintivo e liberatorio, conscio o meno, insito nel postporre le basi raffinate dell’intelletto in favore dell’animosità di un synth battente; operazione capace di colpire i più, raggrinzendo la nicchia, senza per questo dover risultare per forza ridondante. I’ll see you on the dance floor (forse).
[schema type=”review” name=”Liars – Mess” author=”Alessandro Rossi” user_review=”4″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]