We Have Band – Movements

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Le partite sono fatte di episodi, i neri hanno il ritmo nel sangue e il terzo disco è quello della maturazione. Ad ogni modo, forse, ri-abbiamo la band che ci piacque tanto

Dispiace ma il terzo disco dei We Have Band sembra cucito su un luogo comune: quello dell’assestamento che arriva dopo due colpi sparati verso bersagli ben distanti tra loro. Semmai, una variazione sul tema consiste nel fatto che in questa circostanza il suddetto assestamento non è né garanzia di successo, né di stabilità per il futuro del trio, però è un compimento sensato e anche una scelta consapevole.

Il primo colpo (WHB, appunto) era obliquo, promettente, selvaggio. Forse fu una delle ultime volte in cui usammo l’appellativo dance punk, pure con una certa coerenza. Ma in termini di cuori catturati furono relativamente pochi e non si capì bene come mai. Ternion, il secondo, era dritto, drittissimo, troppo. Era un colpo sicuro e ravvicinato con la mano ferma, prevedibile come un rutto dopo la coca cola, nel suo volo verso qualcosa di simile al mainstream. In effetti i singoli ‘Where Are You People?’ e soprattutto ‘Tired Of Running’ andarono veramente bene ma erano stati perduti certi sprazzi di no wave e la varietà che aveva reso interessantissimo il debutto.

E poi siamo arrivati a Movements che è un colpo sufficientemente mirato ma che lascia al vento e ad altri fattori che il corso si compia un po’ come vorrà compiersi. Viene recuperato il tratto ritmico nervoso a scapito della pulizia e della precisione ingombranti di Ternion. L’approccio è meno danzante ma questo vuole anche dire che lo spettro d’immagini che si sviluppano è bello ampio. Anche se i tre non hanno voglia di spingersi nella zona del martello disarticolato delle vecchie ‘Oh!’ e ‘We Came Out’, ci danno in pasto cose come ‘Heart Jump’ e ‘Modulate ‘e sembra tornato il piacere di suonare.

[schema type=”review” name=”We Have Band – Movements” author=”Marco Bachini” user_review=”3″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]