ATTITUDINE E VISUAL: il colpo d’occhio è senza dubbio buono. Ormai il Rock in Roma festival a Capannelle si è affermato come una delle realtà più solide del panorama musicale romano. Le notti cristalline dell’estate romana fanno da cornice a un paesaggio quasi onirico con la potenza del rock che si incontra con le luci che da lontano brillano nei Castelli romani. Ergo lo scenario è veramente dei migliori, e non molti festival in Europa possono vantarne di simili. Il palco è davvero dei grandi eventi e permette di godere anche delle scenografie ad hoc che le varie band decidono di esibire.
AUDIO: L’audio profonde in modo armonico su tutta la profondità dello spazio in cui sta il pubblico. Le guitar band con batteria rock si trovano a loro agio in questa situazione. Ancora di più Jared Leto che nella parte iniziale del concerto si lancia in assoli chitarristici tipo air metal, e nella parte finale, giocando (troppo!) col pubblico invece mette a disposizione le sue doti vocali nella parte acustica del concerto.
SETLIST: Ormai la band sembra avere adottato una scaletta diversa tra la partecipazione a una tournè o a un grande festival in questa occasione la mancanza del fratello Shannon Leto, arrestato qualche giorno fa in California per guida in stato di ebbrezza ha inciso. C’è stata una scelta che ha accontentato molto i giovanissimi, coinvolti spesso sul palco (forse per la produzione di un Dvd). Segnalo su tutte, le hits maggiormente conosciute dai ragazzi europei come The Kill, Northern Lights, City of Angels e la finale Up in the Air, con coro annesso.
MOMENTO MIGLIORE: Il pezzo più coinvolgente, a mio giudizio rimane Conquistador, che ha delle inflessioni psichedeliche davvero particolari. Il resto è sembrato davvero troppo piatto.
PUBBLICO: Era facile immaginarsi una isteria di massa collettiva, specie dei più giovanissimi. Meno immaginabile era la partecipazione maniacale anche di tanti ragazzi. Tutto coinvolgente e super organizzato dai fan club. Dai cartelli in aria dei pezzi, agli ombrelli aperti agli striscioni.
LOCURA: E’ esattamente ciò che è mancato, nessun pezzo di follia, tutto troppo programmato a tavolino. Eccessivo, dal palco a chi assisteva, anche i giochi di luce, i palloncini e il resto, troppo artefatto.
CONCLUSIONI: Deludente. Credo, e non me ne voglia il pubblico appassionato, che ci si trovi davanti una band talentuosa, ma troppo da serata finale degli Oscar. E’ tutto un mainstream. Ormai Jared Leto, assolutamente a suo agio sul palco, sembra più una via di mezzo tra un predicatore e un divo di Hollywood. Le solite banalità sul cibo italiano, hanno fatto da contorno a uno spettacolo studiato a tavolino. Mancava il quom…quel qualcosa che per esempio hanno la E Street Band o i Kasabian.