Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
18 aprile 2015 | Warner Bros | builttospill.com |
L’ottavo disco dei Built to Spill “Untethered Moon” esce a distanza di sei anni dal buon “There is No Enemy” e si tratta del primo con la nuova formazione, che comprende, oltre al leader, il chitarrista Doug Marsch, Steve Gere alla batteria e Jason Albertini al basso. La band dell’Idaho, attiva da 22 anni, ha attraversato nella sua lunga carriera vari percorsi musicali: dall’urgenza Hardcore degli esordi, fino ad elaborare un sound più rivolto verso sonorità “indie/alt rock” soprattutto nelle ultime produzioni. Uno zenith artistico raggiunto con “Perfect From Now On” del 1997, il disco che segna la crescita definitiva della band. Questo, grazie a canzoni caratterizzate spesso dal sapiente utilizzo di tempi dispari e mediante quelle aperture melodiche “squarciate” da improvvisi assoli atti a liberare il talento chitarristico di Marsch come mai non era successo prima. Un’applicazione matematica alla struttura dei brani, il cui processo assomiglia tanto a quello equazionale.
“Untethered Moon” pur non raggiungendo le vette di “Perfect From Now On” si colloca tra i migliori lavori della band. La cosa che più colpisce, risulta l’abilità dei nostri nel far convivere generi musicali spesso distanti tra loro pur rimanendo fedeli al contesto. I primi due pezzi sono in perfetto stile Dinosaur Jr. In particolare “All Our Song” con le sue influenze “aussie” (quelle dei primi anni 90) a là “Proton Energy Pills” – un loro singolo “Less Than I Spent” guarda caso era stato proprio prodotto da J Mascis. Ma sia chiaro fin da subito: non siamo al cospetto di un epigone dei Dinosauri.
Infatti, si prosegue mediante il garage rock di “On the Way” capace di riportare alla mente quel grandissimo gruppo che furono i Miracle Workers – spettacolari le pennate secche su accordi maggiori con leggero effetto di riverbero di sottofondo. “C.R.E.B” (acronimo che sta ad indicare una particolare proteina funzionale alla creazione della memoria di lungo termine) con un testo molto singolare tutto incentrato sugli errori commessi per effetto della perdita della memoria, è in perfetto stile anni 60, qui arricchito da un riff di chitarra rubato ad un film di James Bond. “Some other Song” riporta in auge le sonorità proposte da Neil Young del periodo “Zuma”, mentre “Horizon to Cliff” è un omaggio molto evidente a John Lennon.
Infine, la migliore del lotto: “When I’m blind”. Nient’altro che una dolce melodia accompagnata da accordi in minore, disturbata da circa 8 minuti di incursioni chitarristiche di Marsch come solo il miglior Neil Young del periodo Arc/Weld sapeva fare. “Untethered Moon” risulta disco complesso e variegato, capace di ambire alle playlist di fine anno, per posizionarsi sicuramente sulla parte alta.