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5 maggio 2015 | New West Records | howegelb.com | ![]() |
Howe Gelb è un musicista eccezionale. Proprio quest’anno compie trent’anni di attività musicale, vantando una discografia sterminata che consta la bellezza di 25 dischi (0,8 dischi l’anno?) realizzati sia come solista che con la sua amata ragione sociale Giant Sand. Una band in continua evoluzione che ad oggi è formata da ben dieci elementi provenienti da varie parti dell’America (in prevalenza Arizona) ma anche Danimarca (Thoger Lund). Per non parlare delle collaborazioni eccellenti che riguardano da vicino anche il nostro Bel Paese: penso a Vinicio Caposella che presta la sua bella voce (in inglese) nell’intensa “Heaventually” – a proposito sarà per questo che la discesa armonica della canzone presenta delle similitudini impressionanti con “Quanno chiove” del Pinuccio nostrano? Mentre i Sacri Cuori contribuiscono agli arrangiamenti di “Hurtin Habit” – per inciso i Sacri Cuori avevano in passato maturato preziose collaborazioni con “Tav Falco” e “Robin Hitchkock” ma soprattutto con “Dave Stuart”, leader dell’amatissima band Green on Red, che negli anni ’80 condivideva proprio con i Giant Sand le stesse intuizioni musicali “desertiche”. Della partita anche Grant Lee Phillips, Steve Shelley (Sonic Youth) e Jason Lytle (Grandaddy).
Una miriade di collaborazioni che andranno ad incidere (positivamente) sul risultato finale, rendendo “Heartbreak Pass” un disco variegato ed ispirato. Un calderone enorme dove al suo interno si possono trovare sia il jazz / lounge di “Bittersweet”, che il desert rock di “Hurtin Habit” (stupenda la chitarra nella parte centrale quasi a “squarciare” il ritmo martellante delle percussioni), passando per il folk più tradizionale di “Eye Open” (che ricorda molto lo stile di Eddie Wedder solista di “Into the Wild” per capirci), e di “House in Order” – qui siamo dalle parti del “Leonard Cohen” più ispirato. Le stupende intuizioni risalenti agli albori della band, emergono in “Man on a string” (Forse la più bella del disco, per intensità ed emotività), un brano che si presenta come la trasposizione attualizzata di “Who am I” – gemma contenuta nel più bel disco, a mio parere, realizzato dai Giant Sand, ovvero: “Ballad of a thin line men”. Spazio anche a certo Indie lo-fi “Trasponder” dove tastiera analogica e filtri vocali la fanno da padrone – qui la collaborazione di “Jason Lytle” dei Grandaddy ha sicuramente pesato molto.
Un disco, che per varietà compositiva ed intensità, si merita 5 fulmini: collocandosi, al 4° posto in un’ipotetica classifica degli album a firma Giant Sand. Buon 30° compleanno How.