Algiers – Algiers

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Difficile non trovare interessanti gli Algiers e il loro suono meticcio, vuoi per le traiettorie stilistiche che intrecciano, vuoi per certi contenuti sociali e culturali imponenti. Ma in definitiva, anche un approccio “solo” istintivo ed ingenuo al suono di questa band legata ad Atlanta, può dare delle grosse soddisfazioni.

Quello che in tanti riconoscono è la sovrapposizione abbastanza ardita di un cantato nero “che più nero non si può” (a cura di Franklin James Fisher) con una struttura post-punk generalmente squadrata e ossessiva (“But She Was Not Flying”). Ok, da quando il punk si è fatto “post” è stato generato di tutto. Di voci calde su rumori freddi ne abbiamo sentite, ma qui stiamo parlando di prediche incazzate di un reverendo laico con i Suicide, i Killing Joke e i Bauhaus a fare da chierichetti. Siamo in una funzione della domenica con il gospel e tutto il resto ma dove il gospel sul più bello diventa hardcore technoide (“Irony.Utility.Pretext.“). Ovvio che siamo anche in mezzo agli scontri di una qualsiasi Baltimora di oggi e le parole, gli inni, le frasi sputate hanno la grafica del 2015 e delle migliaia di telefoni che catturano le scene di guerriglia. Forse i dischi più degni di essere ricordati in questi tempi sono figli o figliastri di una black music che ha più cervello e coraggio di altre “scuole”.

L’album degli Algiers prova ad iscriversi nello stesso campionato di Kendrick Lamar ( “Black Eunuch” rende l’idea) anche se, per certi versi, ne rappresenta un opposto. To Pimp A Butterfly di Lamar è un comprensibile, includente e dirompente manifesto raccontato attraverso una musica di matrice nera che si riveste di tutto ciò che può abbracciare. Invece, questo degli Algiers, semplificando, è di base il lavoro di una band no wave. Eppure gli si può ricamare sopra lo stesso discorso in termini di matrici, vestiti e traguardi: forse è un disco che nasce come una cosa e ne diventa un’altra. Il bello è che a un certo punto le parti del meticciato sono così irrecuperabili che magari erano i Suicide quelli neri. E forse il punk l’hanno inventato ad Harlem. Il bello non è l’incrocio, ma la confusione.