| Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
| 28 agosto 2015 | Matador | yolatengo.com |  |
Gli Yo La Tengo sono quel genere di band che non necessita di presentazioni. Dagli esordi ad oggi sono sempre stati in grado di rinnovarsi pur mantenendo un’identità definita, di sperimentare senza rischiare, di divenire “popolari” ma allo stesso tempo rimanere un fenomeno di culto. Tutto e niente. E non c’è da sorprendersi, ben inteso. Sono considerati i pionieri di un certo indie-rock ormai largamente diffuso e modaiolo.
Oggi, alla loro ricca discografia si aggiunge un ulteriore tassello, “Stuff Like That There” (Matador Records). Prima di sbavare dalla curiosità, una piccola precisazione: trattasi di un album di cover, almeno per la maggior parte. C’è chi lo sapeva e chi no. A chi non lo sapeva, di cui già fiuto la delusione, dico tuttavia di non disperare. Perché gli Yo La Tengo sanno regalarle, le sorprese. E così abbiamo dodici brani su quattordici che sono dei veri e propri riarrangiamenti di vecchi classici da top charts – per farvi il nome di qualche musicista: Hank Williams, The Cure, The Parliaments. Altri tre pezzi, invece (“The Ballad Of Red Buckets”, “All Your Secrets” e ”Deeper Into Movies”), consistono in riproposizioni di loro vecchie canzoni contenute in precedenti album – anch’esse riarrangiate, ovviamente.
La domanda che può tormentare tutti noi è: “ma ce n’era proprio bisogno?” La risposta è no, per il semplice fatto che “Stuff Like That There” non aggiunge nulla alla già invidiabile discografia della band di Hoboken. Eppure, chi ama e ha sempre amato gli Yo La Tengo non può sottrarsi dal concedere al disco almeno un ascolto. Sarà perché, pur partendo da differenti stili e generi musicali, si dimostrano in grado di uniformare il suono in maniera coerente e personale – degne di nota le chitarre Country/Folk che accompagnano la calda voce di Ira Kaplan, che è sempre in ottima forma. Sarà perché i due inediti non sono malaccio; sarà perché, in fondo, gli Yo La Tengo possiedono una cultura musicale tale da permettere loro di rivisitare mostri sacri senza risultare blasfemi.
