Motorhead – “Bad Magic

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Certi gruppi scrivono sempre la stessa canzone. E alla gente questo piace. C’è poco da fare. Non vale per tutti, ovvio. Ma alla cucina sperimentale molti preferiscono i fornelli della nonna. Ricette vecchie come il cucco, ma che funzionano sempre, se eseguite a dovere. Un po’ come in certe trattorie di Roma dove si mangia bene ma si ha davvero poca scelta. Carbonara, Amatriciana, Gricia. Punto. Al massimo ti friggo un carciofo, se è stagione. “Ma la Carbonara me la puoi fare con lo spaghetto?” “No, te la faccio col rigatone e zitto. Pensa a magna‘”. 
Alla fine ti alzi. Soddisfatto ma un po’ frastornato. Perché la cucina romana è pesante, è violenta. Sempre uguale, per non dire prevedibile. Ma ti mette al tappeto comunque. E se il cervello dice basta, molto presto cambierà idea.

Stessa cosa coi Motorhead. Stessa cosa con “Bad Magic“, il loro ultimo album. 

Adesso la domanda è: “Dopo la centesima volta che hai mangiato la carbonara provi ancora lo stesso appetito oppure vorresti darci un taglio?“
 Non è che una banalissima metafora gastronomica, e già Celentano in una puntata del suo programma “Rockpolitik” affermò che “la carbonara è rock“, ma tornando un attimo seri, e ponendoci lo stesso dilemma in relazione ai Motorhead, potremmo scoprire che non è così facile dare una risposta. Almeno per il sottoscritto.

E’ vero, i Motorhead fecero irruzione nella storia del rock sul finire degli anni settanta, e adesso invece Lemmy, il leggendario leader, sta facendo irruzione nei suoi di anni settanta. Ma è vero anche che se metti da parte la carta d’identità e ti concentri soltanto sul metallo infuriato di quest’ultimo “Bad Magic“, non sembra passato neanche un giorno. Ripetizione dell’identico dunque? Forse solo dell’autentico.
 A mio modesto avviso, più che un gruppo musicale, i Motorhead sembrano quasi un archetipo letterario. 
Uno spunto per un racconto dell’orrore. Una band che in cambio dell’eterna giovinezza ha stretto un patto col diavolo. E il patto prevede che la band rincorra il malvagio tentatore lungo una strada infinita. Perciò poco importa se da “Victory or Die” in poi sembra di sentire una continua variazione sul tema di “Ace of Spades“, o se preferite di un altro loro classico. Perché le canzoni dei Motorhead non sono altro che questo: gambe per rincorrere il diavolo. Giusto qualche rallentamento, come nella ballata “Till the end”, qualche lieve calo di temperatura, col termometro della furia che oscilla su e giù fra il rock ‘n roll e l’heavy metal. Tutto qui. E niente di più. Finché in chiusura non si sente odore di zolfo, con la cover di “Sympathy for the devil“. Neanche a farlo apposta. 

Di fronte a una tale e millimetrica percussione dei nostri timpani, da parte di persone che il comune stereotipo vorrebbe già in età da plaid, cos’altro si può scrivere? 
Forse che “Bad Magic” è un disco inclassificabile, ingiudicabile, invotabile? Non so, alla fine che voto daresti a tuo nonno che da sotto il plaid sfodera il suo vecchio basso elettrico e te lo sbatte in testa, dicendoti di fare poco lo spiritoso?