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2 ottobre 2015 | Bella Union | mercuryrev.com | ![]() |
I Mercury Rev sono uno di quei gruppi indecifrabili, una commistione di suoni, stili, idee apparentemente disomogenei tra loro, che in quest’ultimo “The Light In You” (Bella Union) trovano coerenza se trasposti in una dimensione onirica, in cui il senso reale delle cose è tanto bello e attraente quanto sfuggente. Non a caso se dovessimo forzatamente attribuire a questo lavoro un genere, potremmo parlare di “dream pop” ma sarebbe riduttivo, visto gli innumerevoli input sonori che Jonathan Donahue e Grasshopper ci forniscono a sette anni dall’ultimo lavoro.
Il disco si apre con la fiabesca “The Queen of Swans”, già anticipata come singolo, e prosegue sulla falsariga dell’inquietudine amorosa con “Amelie” e “You’ve Gone with so Little For so Long”. Proseguendo con l’ascolto persistono le sonorità tipiche dell’Americana – citare i Beach Boys non sembra fuori luogo – e della psichedelica anni ’70. I pezzi centrali sono quelli più intensi: “Emotional Free Fall”, “Autumn’s in the Air” e “Central Park East” in particolare, riguardano ovviamente l’autunno e tutto il suo carico di solitudine e grigiore – “Am I the only lonely boy to walk in Central Park ?”. Come se fosse un percorso di rinascita e salvezza, che il titolo dell’album sembra suggerirci, gli ultimi brani sono evidentemente più solari, la sensazione è che la luce si accenda e il soul-funk energico di “Sunflower” ne è la riprova, ma è qui che al tempo stesso l’intensità si perde.
Nel suo insieme è un album curato, corposo, se vogliamo anche di classe: di sicuro il lavoro migliore sin dai tempi dell’acclamato “Deserter’s Song”, dopo anni di critiche tendenzialmente negative. Detto ciò, nonostante la coerenza progettuale di un disco che verso la fine si apre, lascia entrare il flebile sole d’autunno e si chiude in leggerezza, non possiamo fare a meno di notare che i momenti più riusciti sono quelli in cui la ricchezza strumentale, i richiami metaforici e le ispirazioni a certa musica del passato vengono immersi nell’emotività e appunto, in quella trasposizione onirica della quale i Mercury Rev sono maestri.