Aucan – Stelle Fisse

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Se uno volesse fare il piacione all’estero, forse non intitolerebbe un album usando il femminile plurale Italiano, con doppie a profusione (lo stesso vale anche per chi adotta un nome come Vaghe Stelle, per restare in tema). Quindi, se qualcuno intitola Stelle Fisse un disco che è fatto anche per uscire bene dai confini tricolori, quel qualcuno è decisamente sicuro di sé, dei propri mezzi e della sostanza che è in grado di elargire. Si sa, c’è chi lima per anni la propria inflessione per arrivare a parlare come uno della BBC, salvo poi scoprire che ha sempre imbroccato per via di alcune parole dette alla cazzo.

Il potenziale “internazionale” del terzo album vero degli Aucan deriva anche, per paradosso, da una limitazione di orpelli “internazionalistici”. Messi da parte i riferimenti dell’EP precedente — EP 1 —, i tre di Brescia si riconnettono solo in parte con la materia di Black Rainbow, spostando possibilmente la qualità un po’ più in alto. Dunque, via qualche dose di elettronica guerrigliera e dentro tanti giri fluidi e vorticosi. Eliminati i residui contorni vocali post rock — tipo i Breton, per dire — e certe bordate imparentate con la techno francese e Gesaffelstein, il suono degli Aucan ci guadagna in asciuttezza e personalità.

Stelle Fisse non ha bisogno di continui stop and go. Va liscio, aziona più le gambe che le mani fendenti l’aria a dita unite. Quanto alle voci e al pitch che è quasi sempre “verso il basso” ci sarebbe magari da ridire qualcosina, ma del resto, la produzione degli Aucan rimane intrinsecamente strumentale. Come accennato, la capacità di svincolarsi dai contesti più prevedibili è pervasiva. Per esempio, “Errors” è un pezzo di una classe tutta sua con in più quelle “pacche” che di solito sanno tirare i Chemical Brothers. Sebbene l’uccello notturno Burial aleggi un po’ anche in Stelle Fisse (“Friends“), la sintonia con il producer inglese è più sull’umore che sui suoni. “Above Your Head” è quanto di più distante da quel mondo e converge sull’idea di un’elettronica che non deve per forza star sempre lì a disegnare confini e stipulare alleanze. Manco fossimo sulle pagine di Limes.