Big Ups – Before A Million Universes

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Tutto nacque sui banchi della New York University, premiando la scelta di investire i soldi del papi in una formazione artistico/musicale. Una proverbiale botta di culo, ma forse più per noi. I quattro si incontrano lì, cominciando ben presto a muovere i primi passi, ed assorbendo, in maniera incredibilmente precoce e calibrata, le migliori influenze di stampo Punk. Noi però andremo per gradi, perché all’interno della loro musica c’è molto di più. Qualcosa che oggi, alla luce di questo nuovo capitolo, ne aumenta notevolmente una cifra artistica già di tutto rispetto grazie ad un esordio folgorante – Eighteen Hours of Static.

Esordio, che loro definirono come: “una raccolta di canzoni ancora non pubblicate“. Nulla più. Frase curiosa alla luce del successo riscontrato dall’album. Questa volta, invece, in studio ci sono entrati con l’intento comune di creare qualcosa di maggiormente coeso, personale, ridimensionando al primo ascolto le nostre prime impressioni sulle dichiarazioni di cui sopra. Certo, perché “Before A Million Universes” è roba da K.O tecnico.

Il salto in avanti arriva passando per trent’anni di musica underground a stelle e strisce, qui rielaborata à la maniera del “classico istantaneo” – di genere ovviamente. Un’orgia a cui partecipano FugaziBlack Flag, e Sonic Youth, condensata nei furiosi passaggi di basso che aprono “Capitalized“. Pregevole il tritacarne elettrico che s’accende dopo due minuti dalla partenza dell’openerContain Myself“, sottolineando la natura spesso mutevole, per non dire schizofrenica del composto. Silenzi malinconici, sfuriate nichiliste, e viceversa.

Knight” è Punk come lo sarebbe la reincarnazione dei Crass oggi, ma caricata a plutonio e con la propensione per il refrain nineties Grunge sporco e sovradimensionato: l’impressione qui è quella dei primi Mudhoney con gli ampli sfondati che ficcano la lingua in bocca ad un Ian Mackaye drogato ad hoc per l’occasione. Uno scivolo continuo che abbraccia la bipolarità, un posto dove i Faith No More più introspettivi vengono ciclicamente brutalizzati da urla sguaiate, mentre la disperazione conduce all’interno di una New York distopica, popolata da reietti. Un posto magnifico, dove la Gioventù Sonica è la punk band più famosa dell’universo – National Parks – e viene sistematicamente aperta dagli At The Drive In di In/Casino/Out.