S.O.A.B – Soabology

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If the deserts fascinate you, if the infinite outer space is part of your life, the perfect soundtrack is that of S.O.A.B

Una Torino sempre più sugli scudi quando si parla di musica “pesante” – e credo facciano bene ad indicarla come la Motorcity nostrana (F.I.A.T a parte, il riferimento è puramente musicale). Questa volta, facciamo la conoscenza dei S.O.A.B. Nient’altro che quattro demoni piemontesi decisi nel combinare le proprie influenze musicali pregresse per un comune intento: quello di musicare sensazioni notturne e pericolose, vissute in polverosi luoghi di periferia pervasi dallo stridere di gomme sull’asfalto bollente. Cavalieri solitari in cerca di adrenalina.

Dalla desolazione desertica alla brulicante metropoli, con il pedale a tavoletta quando c’è da spingere. Come nella dinamitarda openerThe Nightwatcher“, dominata da galloni di testosterone e da un sound che si lega a doppio filo a quello espresso da Dave Wyndorf ed i suoi Monster Magnet. Un suono fortemente a stelle e strisce che ricorda nell’incipit del secondo episodio “Dust In Throat” qualcosa del Blaine Cartwright (Nashville Pussy) meno conosciuto, quello alla guida dei Kentucky Bridgeburners. Ma la girandola d’influenze non finisce qua. Ad onor del vero, la fascinazione, l’estetica della band, benché così eterogenea, viene saldamente edificata sopra le fondamenta salde di Kyuss e dei più recenti Alabama Thunderpussy. Un connubio capace di generare quel binomio ben compatibile fra divagazioni Space-Desert-Rock (“Where Are We Going?“) e indomita potenza di fuoco. Un buon esordio.