Bangarang! – Religione Catodica

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In Italia, la prima trasmissione televisiva di Mamma Rai andò in onda il 3 Gennaio del 1954. Passati più di sessantanni, adesso come sempre, ci chiediamo: la televisione è uno specchio che riflette la nostra cultura (questo disco è un disco della Madonna), oppure è essa stessa a crearla? Potrebbe suonare come una domanda inutile, ma quello che pone è un interrogativo filosofico da non sottovalutare ( questo dei Bangarang! è un disco della Madonna soprattutto perché è suonato di Cristo), un po’ come certe domande che a tarda notte ci propina Marzullo nel suo programma “Sottovoce”. E da qualche tempo ce le propina anche in veste di ospite da Fabio Fazio ( e comunque volevo solo dire che questo è proprio un disco della Madonna).

Ma lasciamo stare certi messaggi subliminali, alquanto goffi, e diciamo qualcosa in più sull’album in esame, che è grandioso, e che forse vuole essere una critica all’oppio dei popoli televisivi, forse vuole essere un omaggio a un famosissimo programma di Rai 3, forse vuole essere una rivincita della musica contro la macchina che ha divulgato la lingua, la cultura, che ha fatto conoscere alle masse il grande cinema, ma che ha anche contribuito all’impoverimento del nostro immaginario, paradossalmente. Questo, forse, e molto altro, sicuramente, troverete all’interno dell’album.

Collage vertiginoso. Bricolage di frammenti audio estrapolati dal riquadro audiovisivo. Vulcano in continua eruzione di trovate, di accostamenti. Opera indefinibile. Una signorina buonasera che annuncia la pubblicità poco prima di esplodere. Da qualche parte si legge Garage-Rock, da qualche parte nella rete, la televisione numero due, ma non dategli retta. Perché qui siamo nella vulva proteiforme del Prog. E le digressioni non si contano. Le digressioni sono la regola. Il disco si intitola “Religione Catodica”. E giustamente è un disco che fa zapping. Adesso sembra un disco Funk. Cambia Canale. Adesso sembra Jazz-Rock. Cambia Canale. Adesso sembra Post-Hardcore. Cambia Canale. C’è forse nel cuore lo spirito iconoclasta di John Zorn e dei suoi Naked City. Cambia Canale. C’è forse Don Caballero che ci scruta sornione dall’alto. Cambia Canale. C’è forse un bossolo Calibro 35 accanto ai vetri dello schermo andato in frantumi. Cambia Canale. Segnale Assente. Ah, quasi dimenticavo, la band prende il nome da un brano di Skrillex, ma col punto esclamativo, e per restituire il favore l’artista viene citato fra i titoli dei brani.

Divertissement fine a sé stesso? Può darsi. Ma che piacere lasciarsi andare al flusso  di questi succosi brandelli assemblati in apparente anarchia. Che piacere provare, senza successo, a rimettere insieme i pezzi. Che goduria annegare in questo fluido, fra prepotenti amplessi di basso e batteria (che giuro non godevo così da quando vidi per la prima volta la sequenza iniziale di “Quattro mosche di velluto grigio” di Dario Argento, chi è un po’ cinefilo sa perché). Che goduria annegare in questo Blob, in questo fluido che uccide, in questo incubo allucinato alla Enrico Ghezzi, che a tratti rievoca anche i migliori Incubus di “S.C.I.E.N.C.E”, ma senza Brandon Boyd. Già perché qui a cantare ci pensano le voci della scatola magica che tutti abbiamo in casa. E il disco infatti vive di questo contrasto fra musica suonata/registrata e materiali televisivi/estrapolati. Un contrasto che genera orgasmo. Altro che critica. Altro che satira, con tutto il rispetto. Qui non si pensa più di tanto. Qui si va in brodo di giuggiole al cospetto della Musica con la Emme Maiuscola, Muscolosa, e Magniloquente.

Menzione speciale per tutti i musicisti. Magari Carlo Freccero questo disco non lo ascolterà, ma noi siamo felici e onorati di averlo fatto. Ed è come se un Enrico Ghezzi perfettamente in sincrono avesse montato una puntata del suo “Blob” versione audio facendo zapping insieme a Zappa  sul digitale extra-terrestre. Tv on the Radio, ma in un altro senso. Dentro ci troverete un mondo, che poi è il nostro mondo di telespettatori, e in questo caso anche di ascoltatori. Non vogliamo fare spoilers, ma la citazione di “Dramma della gelosia” di Ettore Scola, con la stupenda Monica Vitti, ci fornisce l’occasione per salutare di nuovo il Maestro, che ci ha da poco lasciato. Fine della Trasmissione.