Black Mountain – IV

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Quando i Black Mountain iniziarono a giocare con quel bel revival hard rock in stile anni ’70, farcito di musica psichedelica ed un pizzico di stoner, vi erano i Wolfmother a contendergli lo scettro ambito. E, in qualche modo, le due formazioni, poste agli antipodi del pianeta, continuano a scambiarsi lo scettro reale.

I nostri canadesi hanno rilasciato il terzo album studio e un’intera colonna sonora a metà strada fra musica cosmica e psichedelica, per un film che tiene un piede in Mad Max e l’altro in Un mercoledì da leoni.

Quello che stupisce subito dei nostri, è la consapevolezza di poter puntare fino in fondo nella voce femminile. Amber, ha sempre fatto parte della band, una presenza però spesso relegata al duetto o alle performance riguardanti i soli brani folk-oriented – Nel frattempo l’etichetta Jagjaguwar non ha perso l’occasione, giustamente, per mettere sotto contratto il suo progetto synth-pop.

Oggi invece la vediamo (anzi, la sentiamo) come ariete di sfondamento nell’iniziale suite psichedelico-floydiana “Mothers of the Sun” nella carichissima e super-groove “Florian Saucer Attack”. Non mancano i duetti semi acustici in stile southern-rock, (“Defector”), caldi e umidi come le zone paludose alle quali si ispirano i nostri.

Il panorama è quello brullo e soleggiato delle grandi praterie, che immortala un urlo sudato rivolto verso il sole più cocente. Stoner e musica psichedelica rimbalzano nel perenne elastico teso fra cielo e terra, votato al rock con la “R” maiuscola e con la voglia di far sesso sotto LSD. Interessante l’approccio ai synth all’ombra di un krautrock levigato ed accennato, mai pretenzioso e sempre votato alla matrice rock dell’interno album. “Constellation” emerge dal lungo e costante fraseggio di synth sulla reiterazione dello stesso riff, mentre Amber gioca con le sovrapposizioni vocali. Ottimo risultato synth-rock perfino quello di “Cemetery Breeding”, che con “Line them all up” rappresenta uno dei picchi più alti del disco – brano di stampo folk quest’ultimo, con la nostra alle prese con delicate e funzionanti melodie.

(Over and Over) the chain” e “Space to Bakerfield” riprendono in modo massiccio il tentativo di mettere in piedi una composizione che scomodi sia il letto che le stelle: onde cosmiche che ti cullano e vibrazioni pulsanti sono gli obiettivi che i Black Mountain mettono a segno nella loro poetica. Un terzetto che, assieme al brano di apertura, avrebbe composto un perfetto EP.

Insomma, la poetica dei Mountain è sempre la solita, ma vincente: assoli gilmour-iani, ritmi paige-iani e fraseggi di tastiera presi in prestito dai Purple. E ancora Blues, Hard-Rock, Psichedelia, tratteggi Prog, impatti Stoner e leggerissimi tocchi di Space-Music; il tutto votato all’interno del grossolano calderone che potrebbe chiamarsi Indie Rock – però sempre con quel qualcosa in più. Con quella cura maniacale per i suoni, per l’impatto sonoro inteso sia come sintesi di linguaggio che come facilità di ascolto. Easy listening senza mai cadere nel semplicismo.