Daniele Silvestri – Acrobati

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Cinque anni di attesa ed ecco Acrobati, l’ultimo lavoro di Daniele Silvestri: un lavoro che l’artista – persona timida e riservata, non certo incline all’elogio di se stesso – definisce: “la migliore cosa che ho fatto”.

Per chi comunque resta affezionato alla produzione musicale “storica” del cantautore romano è forse difficile decretare “Il” migliore tra gli album facendo i conti con lavori del calibro de: “Il Dado“.

Resta che questo Acrobati è un gioiello di equilibrismi musicali e non solo. Dalla prima all’ultima delle 18 tracce si rivela un disco di Daniele Silvestri in tutto e per tutto: si sente la sua ironia, il suo sguardo che gioca con la realtà, la sua curiosità per suoni, contaminazioni, collaborazioni.

Sono 74 minuti di musica che hanno avuto inizio da alcune registrazioni su un iPhone, i classici appunti di viaggio: riff di chitarra, armonizzazioni al piano, tracce vocali.

Queste idee sono state raccolte e messe alla prova nello studio Posada Negro di Roy Paci a Lecce, dove Daniele si è rinchiuso con altri quattro musicisti per dare inizio ad un libero processo creativo in cui le coordinate del nuovo lavoro poco a poco andavano fissandosi. A quello che di fatto era già il nuovo disco del nostro, si sono aggiunti altri musicisti per un ulteriore apporto creativo: alcuni erano nomi già parte della famiglia come Gabriele Lazzarotti al basso, Piero Monterisi alla batteria e Gianluca Misti alle tastiere. Mentre altri vengono da collaborazioni collaudate come Rodrigo D’Erasmo (violino) Adriano Viterbini (chitarra), Jose Ramon Caraballo Armas (percussioni) e Simone Prattico (batteria) . E poi ancora straordinari arrangiatori e musicisti come Enrico Gabrielli, lo stesso Roy Paci e Mauro Ottolini (fiati), Sebastiano De Gennaro (percussioni).

Infine alcune featuring davvero interessanti sono state in grado di dare ulteriore spessore e ispirazione ai brani, parliamo di gente del calibro di: Caparezza, Dellera, Diodato Funky Pushertz e Diego Mancino.

Un gran lavoro di squadra per un album in cui Daniele ha voluto darsi veramente fino in fondo.

La sensazione è quella di un disco che rappresenta la summa di anni di esperienza (è del 94 il suo primo omonimo lavoro), in cui potersi concedere la libertà di esplorare diverse influenze musicali: dal funky al crossover, dal cantautorato agli echi beatlesiani.

Tutto riassunto benissimo in quella figura di acrobata (splendida la copertina del disco, opera di Paolino De Francesco) che in bilico su un filo vede le cose da una diversa prospettiva, staccato dal suolo ma non abbastanza distante da isolarsi dalla realtà. Perché se è vero che (rispetto ad altri lavori in cui Silverstri non si è mai risparmiato un certo impegno sociale e coraggio di denuncia) qui l’attualità non è in primo piano, non si può certo pensare che sia del tutto estranea nei testi e nei pensieri dell’autore.

Ecco quindi che l’accenno ai fatti di Parigi e al Bataclan, inserito nella canzone “La Mia Casa” con cui Daniele accoglie il pubblico e apre il disco con un delicato omaggio, quasi sussurrato. “Quali Alibi”, singolo d’esordio, è sicuramente il pezzo più “attuale” del disco con la sua denuncia al degrado della democrazia, ai giochi di potere, all’omertà che troppo spesso accompagna la scena politica.

“Zitto Zitto, fa finta di niente, che tanto il mondo gira ancora come sempre”

Le atmosfere oniriche suggerite dalle basi di elettronica di “Acrobati”, raccontano un po’ il senso di questo lavoro: la condizione di chi resta in bilico come se fosse una sfida (non puoi chiamarla libertà finché non rischi di cadere ). Forse una condizione comune a molti nelle difficoltà del presente, eppure anche una posizione di privilegio che permette di imparare un nuovo equilibrio.

Pochi Giorni” è un motivetto scanzonato e ironico. Ritmo e giochi di parole nella migliore tradizione di Silvestri, con la partecipazione di Diodato e Roy Paci alla tromba. Per le ballad più classiche e romantiche bisogna aspettare “Così Vicina” – la fine di una storia raccontata in modo etereo da una canzone intimista e malinconica.

Atmosfera jazz e voce leggermente roca per “La Verità”, uno swing in cui Silvestri, in tono confidenziale, ci dice che:

“Non basta riflettere molto da soli, te lo dico perché non basta per essere meglio di ieri”

E per ribadire la grande dote comunicativa del cantautore, arriva quello che potrebbe quasi essere un monologo teatrale, la splendida “Monolocale”: un saliscendi ritmico per la confessione di una donna che ripercorre i legami e i dolori della sua vita tenendo in mano una pistola.

Il dialogo con Caparezza ne “La guerra del Sale” non poteva che poggiarsi su un potente brano crossover, in cui i due si sfidano in continui giochi di parole a partire da quel “sale” che offre anche una facile sponda a Silvestri per autocitarsi (e salerò, salerò). Ovviamente, al di là dell’ironia che caratterizza entrambi gli autori, qui ritorna forte il riferimento alla realtà politica: “Sale chi è eletto chi viene eletto sale, vorrei di sale un etto e un’altra legge elettorale

Il funk si mescola ad un ironico flusso di riflessioni sulle ultime mode alimentari in “Bio-Boogie”, in cui a dare forza al brano arriva la crew partenopea dei Funky Phushertz: bio e chilometro zero si scontrano con la tradizione più popolare.

Di nuovo una riflessione solitaria, quasi un flusso di coscienza, quello che propone Silvestri nel suo delirio da sonnambulo in “Spengo la Luce”: un esercito di pecore che parlano pure in inglese, violino e clarinetto a riempire di sonorità beatlesiane un tempo che si dilata.

Il modo migliore per salutare e chiudere questo lavoro, è la bellissima “Alla Fine“: di nuovo un’atmosfera elettronica e rarefatta, con la voce di Diodato ad accompagnare.

Il cerchio si chiude con un nuovo filo su cui essere in bilico, un equilibrio da trovare. Dall’alto c’è qualcuno che guarda: forse un altro acrobata.

Finisce così questo splendido lavoro che Silvestri ha voluto dedicare al grande Lucio Dalla. Un cantautore che sicuramente aveva a cuore la libertà dell’uomo e che spesso aveva osato e stupito col suo sguardo ironico sulla realtà.

E poi c’è un’altra cosa da dire sulla condizione dell’acrobata: che è un personaggio isolato sul suo filo. Certo, attorno a lui stazionano altri acrobati ed altri equilibristi, ma è un equilibrio tutto al singolare che permette di entrare in contatto con altre realtà. Forse è proprio questo quello che Daniele Silvestri vuole comunicarci, come esito di una carriera vissuta con onestà, impegno e tanta strada fatta da solo e in compagnia.