Pugni nei reni – Bello ma i primi dischi erano meglio

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“Pugni nei Reni” sembra tanto il titolo di uno di quei trailer apparentemente nonsense del primo Maccio Capatonda, di quando ancora faceva ridere. Invece è il nome di un duo bergamasco che quest’anno ha pubblicato il primo, malizioso, album intitolato: “Bello ma i primi dischi erano meglio”.

La scelta stessa del titolo aiuta a chiarire ciò che abbiamo di fronte: il duo, con arguzia, si prende gioco della comunicazione musicale, della retorica dietro certi concetti e con sottile ironia, persegue la strada dell’incomunicabilità, del vuoto.

Partendo dal Rock‘n’roll, declinato al Blues, fino ad inserzioni di beat elettronici (forse nel tentativo di “perculare” le derive più moderne) i Pugni nei reni – attraverso nove tracce autoprodotte – sperimentano, costruiscono e distruggono. In aiuto arrivano testi non testi, titoli ancor meno ragionevoli – come il singolo elettronico “Risposte di circostanza alle domande esistenziali di Jane Fonda” – e citazioni cinematografiche incastrate nei pezzi come ad arricchire ironicamente il lavoro con sofisticazioni intellettuali.

Risulta pertinente la scelta di inserire nel brano western “Jake”, la frase cult di Clint Eastwood in “Per un Pugno di Dollari” o di farci riascoltare la storica supercazzola di Ugo Tognazzi nel brano “Garage”.
Questo forse il pezzo che potrebbe rivelare il senso di un disco, capace di non prendersi mai dannatamente sul serio, come spesso accade, lasciandoci vestire i panni del malcapitato vigile urbano di “Amici Miei”.

Non sorgono dubbi invece nell’osservare quanto il disco sia suonato bene, quanto il duo sappia fare musica partendo dal Blues, e arricchendo il tutto senza dimenticarsi di mantenere una certa orecchiabilità. “Bello ma i primi dischi erano meglio” è un album coraggioso, forse disordinato, scombussolato ma musicalmente apprezzabile come un disco d’esordio dovrebbe essere.