Muschio – Zeda

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Piemonte, montagne del Verbanese. Un trio si aggira furtivo per la vegetazione, traendo ispirazione dai silenzi montani per trasformarli in furia metallica. Possiedono una ragione sociale che ne identifica appieno i connotati, rimandando a quel muschio parte di un sottobosco – come la loro musica di quello sonoro –, elemento non sempre comune, che va cercato. Un incipit davvero esaustivo per una band che fin dall’approccio conoscitivo mette subito le cose in chiaro in merito alla propria ricerca. La stupenda copertina ne approfondisce ancor maggiormente le dinamiche, suggerendoci un viaggio non così agile all’interno (forse) della nostra psiche.

Le esperienze pregresse (Leo MinorMauve) dei componenti della band parlano di musica pesante e ricerca Post-Hardcore. Un mare d’influenze che da Neurosis, Isis e Pelican impatta violentemente sugli scogli di certo rumorismo Noise capace di spaziare dai Sonic Youth ai My Bloody Valentine. Ma per raggiungere la cifra stilistica dei Muschio dovrete aggiungere un solo ingrediente: la Psichedelia. Che sia declinata verso lo Space-Rock o sorretta da granitici riff Stoner è questo l’ingrediente messianico che regala alle nuove produzioni quel tocco personale fin dal buon esordio “Antenauts”.

Il nuovo Zeda mantiene la barra dritta in merito ad una ricerca che si svolge prevalentemente in veste strumentale, ma che risulta capace di edificare melodie nell’intento di far entrare l’ascoltatore all’interno di questo microcosmo. Probabilmente, gli input generati dalla musica magniloquente dei Muschio producono variopinte e inaspettate sensazioni in chi l’ascolta, ma niente paura: è esattamente questo l’obbiettivo della band. Ovvero quello di generare, e qui non ci si può sottrarre al personal sentire, un muro sonoro compatto, umido come la parete di certe rocce scolpite dall’acqua, e celato dalla vegetazione. Infondo, non è proprio nella morbidezza schiva di una briofite che cercate quella sensazione inedita al tocco?