Spartiti – Austerità

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

“La storia siamo noi, quasi nessuno si senta escluso”

La voce di Max Collini torna ancora una volta a decantare in un ampio calice le parole tratte da un piccolo mondo talmente sbiadito da sembrare irreale, sotto il peso consueto di tonnellate di malinconia. Questa volta è “Spartiti” il luogo naturale dove adagiarsi, assieme a Jukka Reverberi che prende posto alla parte musicale, lo stesso che aveva fatto capolino simbolicamente nel suo passato in una canzone degli Offlaga Disco Pax, forse una delle più famose, Piccola Pietroburgo. Collini e Reverberi in comune, oltre all’amore per la musica, hanno anche la vicinanza e la frequentazione di un partito consegnato ormai alla storia, che fa da sfondo anche a questa produzione, raccontato proprio nel momento del suo sfaldarsi nella terza traccia del disco, Babbo Natale. Il materiale narrativo che va a comporre “Austerità” si muove su binari molto spesso diversissimi fra di loro, tra tracce che traggono la loro ragion d’essere dal potere emotivo ed evocativo, e lunghi episodi il cui racconto appare perfino estenuante. Tra i testi utilizzati in questo lavoro, Max Collini non si serve solo della sua penna ma va a pescare brani scritti da terzi per altre faccende, come Simone Lenzi, Paolo Nori e Simona Vinci.

Il connubio fra Collini e Reverberi intrapreso molti anni fa, già nel 2007, come pura e semplice divagazione artistica assolutamente estemporanea e non strutturata, si è nel tempo rafforzato fino a diventare uno spettacolo che da qualche anno a questa parte i due transfughi, rispettivamente, da Offlaga Disco Pax e Giardini di Mirò hanno proposto live in diverse occasioni, realizzando anche un cd registrato dal vivo. L’equilibrio fra i due, evidentemente perfezionato in questi anni insieme, si rivela assolutamente godibile e incredibilmente incantevole: se da un lato ritroviamo la grande capacità affabulatrice a cui Collini ci ha abituato da tempo, dall’altro la direzione musicale di Reverberi consegna ai racconti un’aura quasi mitica, arricchendoli in maniera decisiva con degli intrecci chitarristici potentissimi e minimali, a volte fatti di pochissime note poste al centro della scena, rimboccati qua e là da ritmiche fatte solo di campionamenti. E così prendono forma pezzi da 10 e lode come la commovente “Austerità” e l’ipnotica – e mai così attuale – “Banca Locale”, per citarne due fra i migliori; perché, ad onor del vero, il livello rimane molto alto per tutta la durata del disco, non contando che in esso si trovano delle scelte geniali come “Sendero Luminoso”, una declamazione in un climax ascendente musicale di un documento di partito redatto dallo stesso Collini nel 1986, metà divertissement, metà provocazione, a restituirci le classiche “cartoline color seppia” di un mondo andato, certo, ma mai così rimpianto come in questi anni dal futuro fintamente vitalistico. Un mondo fatto di austerità crudelissima ma piena di vita, quella in cui si piange ripetendo ossessivamente “prendi-quello-che-vuoi-quello-che-vuoi-quello-che-vuoi”, in cui l’incipit del romanzo di Paolo Nori “Bassotuba non c’è” funge da perfetto contrasto con il presente, in cui è la luce fredda del neon di una stanza spoglia di una sezione di Partito a disvelare la realtà delle cose, “come se guardare la realtà delle cose significasse necessariamente smettere di immaginare che ci fosse un mondo oltre a questo”.

Ed è simbolicamente, di nuovo, il disincanto, a chiudere “Austerità”, questa volta applicato ai sentimenti, nel racconto di una donna che aspetta quello che avrebbe potuto essere e non sarà, mai. In questo contrasto fra “la realtà delle cose” e quello che avrebbe potuto – o dovuto? – essere, prendono vita i nove racconti di Spartiti, piccoli frammenti di mondo perduto incastonati in atmosfere sonore dal sapore surreale e dal piglio magistrale. Niente di nuovo, dalle parti di Max Collini, ma facciamo volentieri a meno di grossi cambiamenti, se il risultato è ancora così sensibilmente poetico.