The Hunches – S/t

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L’ingresso nel nuovo millennio è stato duro per tutti. Guerre, collassi finanziari, bug telematici e disastri naturali. Una sensazione diffusa di malessere che si ripercuote sulla cultura, con forza. I nostri vivono quella situazione riversando tutte le frustrazioni nella loro musica, percorrendo i primi passi che li porteranno verso quel suono tagliente che farà la fortuna di album favolosi come “Yes.No.Shut it.” (2002) e “Hobo Sunrise” (2004). Due furibondi attacchi di Garage/Punk schizoide che lasceranno il segno in casa In The Red. Ma cosa suonavano i The Hunches mentre fuori il mondo impazziva? Semplice, una strepitosa miscela di Dead Boys, New York Dolls e Garage Punk.

Queste sono le loro prime registrazioni come band, tratte da un demo dal lontano 2001. Brani sepolti in oscuri Cd-r; alla luce dei fatti, incredibilmente. Un documento davvero interessante che mostra la genesi di un suono partito con la benedizione del Punk-Rock. Un turbine lascivo incentrato sulla rivisitazione dei classici di genere, tutto lustrini e urla belluine – “Watcha Gonna Do?“. La Punk-Rock music che diventa “LA” risposta, il bisogno primigenio: il linguaggio della sopravvivenza.  Non solo Cleveland e New York come punti sulla mappa – basta assaggiare quel retrogusto aussie presente in brani come “You’ll Never Get Away With My Heart” per rendersene conto. Quello che emerge da questa postuma uscita omonima è, in sintesi, un vero bignami del Punk che abbraccia le dinamiche del Thunders (Johnny) sotto speedMind Fuck Blues – portando tutto all’eccesso. Gioielli giustamente riportati alla luce.