Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
1980 | Chrysalis Records | ultravox.org | ![]() |
Gli Ultravox furono fra gli anni ’70 e la prima metà degli ’80 uno fra i capiscuola del movimento Neo-Romantic. Il gruppo inglese fin dagli inizi si rivelò in grado di suscitare l’interesse delle grandi label: infatti, la Island li mise sotto contratto e nel 1976 finanziando la produzione del loro debutto omonimo, un interessante album prodotto niente meno che da Brian Eno, uno dei loro guru.
Le cose per il gruppo non vanno però come previsto e, nonostante la ghiotta opportunità, gli Ultravox non riescono a sfondare, anzi, affrontano gravi problemi di line-up perdendo verso la fine addirittura il primo leader, il cantante John Foxx, il chitarrista Steve Shears e per giunta il contratto con la Island. A Warren Cann (batteria), Chris Cross (basso) e Billy Currie (tastiera e violino) altro non rimase che rimboccarsi le maniche e trovare nuovi membri: in tour con i Visage conobbero così il talentuoso cantante e chitarrista Midge Ure e il quartetto riuscendo inoltre ad ottenere un contratto con la Chrysalis.
Giungiamo così a parlare di “Vienna”, release del 1980 ed oggi ingiustamente quasi dimenticata. Offuscata com’era dal pur ottimo “Lament” del 1984 – da cui è tratta “Dancing with tears in my eyes”, la loro più grande hit – e dal successo solista di Ure con “Breathe” negli anni ’90 (ricordate lo spot della Swatch?). “Vienna” è un album prettamente melodico. ricco di sonorità pop che tuttavia ammiccano a momenti sperimentali direttamente riconducibili ad artisti del calibro di Roxy Music e del David Bowie della trilogia berlinese, in ogni caso tutta gente che ha avuto a che fare con signor Eno.
Il primo obiettivo che si prefiggono gli Ultravox sembra riconducibile ad una perfetta riuscita melodica; perfettamente perseguito soprattutto a livello strumentale grazie ad un Billy Curie melodrammatico (dietro a tastiere e archi) e ad un Midge Ure magnificamente espressivo, accostabile spesso e volentieri a Jon Anderson degli Yes.
L’introduttiva “Astradyne” già mette le cose in chiaro: un pezzo strumentale di media durata in cui i Roxy Music sembrano fare un duetto niente meno che coi grandissimi Kraftwerk, unendo sonorità Glam a una sorta di Walzer elettronico, componendo un pezzo a dir poco eccezionale. In “New Europeans” spiccano al contrario la voce di Midge Ure e i synth di Billy, un pezzo tipicamente New Wave che sembra anticipare le mosse di star assolute degli anni ’80 come i Duran Duran o gli Eurythmics. Va detto che gli Ultravox non vogliono fare nulla di particolarmente sconvolgente: loro unico scopo è fare delle belle canzoni pop – non canzonette quindi – e ascoltando “Vienna” si può dire che ci siano riusciti, trattandosi di un album di assoluto livello.
Ascoltando “Private Lives” lo spettro dei Duran Duran continua a perseguitarci, facendo però presa su di una classe sconfinata a cui probabilmente il gruppo di Simon le Bon non potrà mai attingere. “Passing Strangers” implementa il tutto mediante un lieve alone Dark-Wave, mentre “Sleepwalk” rappresenta il momento più orecchiabile dell’album: la classica canzone Elettro Pop da chart – infatti raggiunse il numero 2 nelle classifiche inglesi portando in seguito l’album nella top five UK.
“Mr. X” sembra esser stata composta per fare da colonna sonora a qualche telefilm poliziesco dell’epoca, un pezzo non cantato ma narrato da Cross, le cui sonorità si collocano a cavallo fra i Kraftwerk di “The Man Machine” e a quella “Sweet Dreams” con cui gli Eurythmics conquistarono il mondo tre anni dopo. Nella title track troviamo un Midge Ure al massimo delle proprie capacità espressive, in un pezzo che si dipana attraverso un crescendo drammatico che culmina in duplice acuto (“Oh Vienna”) diventato in seguito carattere distintivo della band. Una canzone “autunnale” che ben riflette le atmosfere di quella magnifica città.
“Vienna” si rivela una gradita sorpresa, un album Pop dotato di melodie riuscitissime e magistralmente orchestrate, che abbinate alla caratteristica voce di Midge Ure riescono a portare il gruppo ad un sofferto ma meritatissimo successo. Forse, alla luce di contemporanei dalla classe sopraffina – come i Japan di David Sylvian o gli stessi Kraftwerk – non si tratta di un capolavoro a tutti gli effetti, ma in ogni caso “Vienna” si rivela complessivamente un buon album in cui le potenzialità del pop elettronico vengono sfruttate nel migliore dei modi.