Gonjasufi – Callus

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Dopo la pubblicazione di “MU.ZZ.LE“, Sumach Ecks aka Gonjasufi intraprende un percorso oscuro ma sincero. Un viaggio lungo quattro anni che culmina oggi con il terzo lavoro dell’artista Californiano. Anni difficili, fatti d’introspezione ed incessante scesa a patti con i propri demoni. Callus si pone dunque come disilluso racconto incentrato su dolore e sofferenza: sperimentati durante i 38 anni di vita del nostro. Una decisione che si rivelerà devastante in termini di energie spese: sia fisiche che mentali, come da lui stesso sottolineato.

Netto è il cambio di stile. Dai campionamenti reinterpretati e rielaborati degli scorsi due lavori ad uno stile strumentale crudo e tagliente. Ecks suona chitarra, batteria e pianoforte, creando un suono dannatamente personale. Un eclettismo che spazia fra i principali ascolti formativi acquisiti in tenera età: dal Jazz alla Psichedelia, passando per Hip-Hop e Blues, tutto ammantato da un’aura dimessa, sofferente. Qui Ecks beneficia appieno delle proprie origini, un crogiolo d’influenze capaci di riversarsi maestosamente nell’opera. Nato da madre messicana e padre americano-etiope – che lo ha iniziato verso una vasta gamma di stili musicali –, cresce come Dj nella San Diego della scena Hip-Hop, mettendo oggi a frutto tutto questo pot-pourri di vita vissuta su disco.

America needs to hear that fucking record” – dichiarerà in un’intervista –, probabilmente per via della propria totale opposizione nei confronti delle politiche americane; tematica ampiamente trattata all’interno dell’opera – “The Conspiracy“. Inoltre, in questo terzo episodio, sembra emergere una certa necessità testamentale, qualcosa da lasciare in dote al mondo. Arte che possa aiutare il prossimo dall’interno, dall’anima, nell’intento di trovare la via giusta, uno scopo.